Perché 7 anni sono troppi per una diagnosi di endometriosi, patologia ancora oggi troppo sottovalutata. Per sensibilizzare su questo tema l'Associazione "La voce di una è la voce di tutte ODV" porta al Sant'Orsola il progetto ENDOPANK.
La panchina, installata davanti all’atrio del padiglione 4 e che si distingue per il suo colore, un giallo vivace, proprio per attirare l'attenzione, è stata inaugurata questa mattina alla presenza di Emily Marion Clancy, vicesindaca Comune di Bologna, Chiara Gibertoni, direttore Generale IRCCS Policlinico di Sant’Orsola, Renato Seracchioli, direttore Ginecologia e Fisiopatologia della Riproduzione Umana IRCCS Policlinico di Sant’Orsola insieme a tutta la sua équipe, Vania Mento, presidentessa Associazione "La voce di una è la voce di tutte ODV".
Il progetto “Sediamoci sul giallo: Endopank” nasce da un'idea tanto semplice quanto efficace: sensibilizzare e informare i visitatori del Sant'Orsola su una patologia che troppo spesso viene ignorata o sottovalutata. Tra la comparsa dei primi sintomi e una corretta diagnosi di endometriosi, infatti, passano in media dai 7 ai 9 anni: troppi. Per questo un QRcode stampato sulla targa esplicativa affissa alla panchina link a un video di due minuti realizzato dall'équipe del prof. Seracchioli in cui si spiega in modo semplice e diretto che cos'è l'endometriosi, i sintomi e le terapie.
«Spesso si ritiene che il dolore legato al ciclo mestruale sia la norma, ma non è così – spiega il professor Renato Seracchioli, direttore dell’Unità Operativa di Ginecologia e Fisiopatologia della Riproduzione Umana del Policlinico – Se il ciclo fa male va fatto un controllo, possibilmente rivolgendosi a degli specialisti».
L’endometriosi è una malattia piuttosto diffusa: secondo alcune stime, interessa almeno il 10% delle donne in età fertile, il 70% delle donne affette da sindromi e dolori pelvici e fino al 50% delle donne con problemi di fertilità. Proprio per questo motivo, in presenza di sintomi sospetti, è importante rivolgersi a strutture specializzate come il Sant’Orsola, che sull’endometriosi vanta un’esperienza trentennale e che dal 2019 ha assunto il ruolo di centro di riferimento regionale per la malattia.Il team multidisciplinare dedicato include urologi, psicologi, radiologi, fisioterapisti, un chirurgo toracico per i rari casi di interessamento dell'apparato respiratorio e un nutrizionista per diete specifiche. È presente anche un'infermiera specializzata per programmare i percorsi delle pazienti. In totale vengono eseguite circa 3mila visite all’anno: il 10% delle pazienti viene sottoposto a interventi complessi.
Cos’è l’endometriosi?
Si tratta di una patologia infiammatoria benigna a andamento cronico e recidivante, caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale al di fuori della cavità uterina in cui è normalmente contenuto. «L’utero ha una cavità uterina ricoperta da un tessuto, l'endometrio, che nella donna in età fertile cresce ogni mese per prepararsi ad una gravidanza – spiega il professor Seracchioli - Se la gravidanza non c'è allora il tessuto viene espulso con il ciclo mestruale. Quando però l'endometrio si accumula in zone anomale e diverse dalla cavità uterina, diventa patologico e si parla di endometriosi».
Nella maggior parte dei casi l’endometrio si accumula nelle ovaie, nell’utero, nell’intestino, nella vescica o nelle vie urinarie. Più raramente l’endometriosi può presentarsi anche in sedi distanti dall’apparato genitale e quindi potenzialmente in altri organi o tessuti del nostro corpo.
Quali sono i sintomi
La malattia ha un impatto notevole sulla qualità della vita della donna sia in termini di dolore fisico che di ripercussioni psicologiche (in particolare per il potenziale impatto negativo sulla fertilità). Quando presenti, in ogni caso, le manifestazioni cliniche possono variare e sono comunque potenzialmente sovrapponibili a quelle di altre sindromi dolorose pelviche: anche questo aspetto contribuisce a rendere così difficoltosa la diagnosi.
I sintomi più comunemente associati alla malattia sono:
- Dismenorrea (dolore durante la mestruazione)
- Dispareunia (dolore durante i rapporti sessuali)
- Dolore pelvico cronico (dolore al basso ventre presente tutti i giorni del mese o quasi, a prescindere dalle mestruazioni)
- Disuria (dolore alla minzione)
- Dischezia (dolore alla defecazione)
Possono inoltre essere presenti disturbi intestinali e urinari, così come sensazione di stanchezza e di affaticabilità, ridotta tolleranza allo sforzo fisico ed eventualmente dolore alla schiena o alle gambe. Lo stato infiammatorio può inoltre «determinare un'alterazione dell'apparato riproduttivo a causa delle aderenze che sono collegate ad una riduzione della fertilità – prosegue Seracchioli -. Dunque l'endometriosi può essere associata a una difficoltà di avere gravidanze. Non in tutti i casi, s'intende, ma una donna su due può avere difficoltà. Fortunatamente c'è un 20-25% che non presenta la malattia in forma invasiva ma che, senza sintomi, riesce a vivere la quotidianità normalmente. In caso di forti dolori mestruali, comunque, è importante fare un controllo».
Il percorso diagnostico
L’ipotesi di endometriosi parte sempre dalla valutazione della storia clinica della paziente. La visita specialistica ginecologica prevede un’accurata anamnesi e mira a indagare l’aspetto riproduttivo, il dolore della paziente e la presenza in famiglia di parentele affette da endometriosi (esiste infatti una predisposizione genetica per lo sviluppo di questa patologia). Viene quindi eseguita un’ecografia pelvica svolta da un operatore esperto, a cui spetta anche il compito di valutare la necessità di esami di secondo livello (come per esempio la risonanza magnetica nucleare o la colonscopia).
Le terapie
L’endometriosi è una malattia cronica che richiede un trattamento personalizzato nel lungo termine. Il principale scopo terapeutico è rappresentato dal miglioramento dei sintomi, dalla prevenzione delle recidive e dal rallentamento della progressione della malattia.
Tenendo conto di diversi fattori (età, desiderio di gravidanza, tollerabilità della terapia proposta, severità del quadro clinico e estensione della malattia), gli specialisti propongono una terapia individualizzata sulla singola paziente. Tra le varie possibilità terapeutiche figurano la terapia medica ormonale (che può essere assunta in varie modalità), l’utilizzo di farmaci analoghi del GnRH (terapia di seconda scelta e solo per brevi periodi di tempo) e l’approccio chirurgico, che viene però riservato ai casi in cui non si riesce ad ottenere un controllo della sintomatologia dolorosa con la terapia medica oppure nei casi in cui questa sia controindicata o rifiutata dalla paziente.