L’IRCCS lavora insieme al Dipartimento di Informatica – Scienza e Ingegneria (DISI) dell’Università di Bologna, che sta sviluppando un software di intelligenza artificiale capace di riconoscere la natura benigna o maligna delle lesioni prostatiche. Dopo i risultati incoraggianti del primo studio retrospettivo, pubblicato su Cancers, ora parte l’analisi prospettica.
Il tumore maligno alla prostata è il più diffuso nella popolazione maschile italiana (il secondo, a livello globale), tanto da rappresentare circa un quinto di tutte le neoplasie diagnosticate nell’uomo: le stime dell’AIRC, relative al 2020, parlano di oltre 36mila nuovi casi l’anno soltanto nel nostro Paese.
Nonostante l’ampia frequenza della malattia, però, l’iter diagnostico risulta talvolta ancora difficoltoso. Al momento, infatti, l’unico esame in grado di stabilire con certezza la presenza e l’esatta natura di cellule tumorali nella prostata rimane la biopsia prostatica. Per decidere se e come sottoporre il paziente a tale biopsia, viene prima eseguita una risonanza magnetica multiparametrica per individuare la lesione e stabilirne il probabile carattere benigno o maligno. Il problema, però, è che in alcuni casi le immagini acquisite con questo test non forniscono indicazioni risolutive.
“A volte l’operatore umano non riesce a classificarle come benigne o maligne e così si rimane nella zona grigia delle lesioni indeterminate – spiega Caterina Gaudiano, specialista della Radiologia addomino-pelvica diagnostica e interventistica dell’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola diretta dalla Prof. Cristina Mosconi – Per questo motivo stiamo sfruttando l’intelligenza artificiale per superare i limiti dell’analisi visiva”.
L’IRCCS Sant’Orsola, infatti, lavora assieme al team di sviluppo dell’Università di Bologna guidato dal Prof. Alessandro Bevilacqua che sta sviluppando un software ad-hoc per l’analisi di immagini acquisite con la risonanza magnetica. “L’occhio umano può valutare la dimensione, la forma e i contorni di una massa neoplastica, ma le scale di grigio dell’immagine contengono informazioni più dettagliate che possono essere estratte e analizzate solo da opportuni algoritmi. Diciamo, per semplificare, che l’occhio umano arriva fino a un certo punto: con questo software proviamo a capire le caratteristiche interne della lesione che sono custodite nei pixel dell’immagine”.
I primi risultati, in questo senso, sono decisamente incoraggianti. Alcuni mesi fa i ricercatori hanno infatti pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Cancers” uno studio retrospettivo basato sui dati di 155 lesioni classificate dall’operatore umano come “indeterminate” dopo la risonanza magnetica e successivamente indagate tramite biopsia. Ebbene: “Abbiamo ottenuto una buona performance, con un valore predittivo positivo dell’82% e un valore predittivo negativo del 72%”.
Se affinato, in futuro il sistema potrebbe affiancare l’operatore umano per “ridurre il livello di errore, evitare biopsie inutili e migliorare la precisione della biopsia quando viene fatta”. Con questo obiettivo, il gruppo di ricerca ha da poco ottenuto il via libera del comitato etico per l’avvio di uno studio prospettico.