Ansia da social, cyberbullismo, privacy costantemente minacciata, dipendenza dallo smartphone e sfide post-pandemia. L’universo digitale genera fattori di stress sempre più assillanti per le giovani generazioni, a tal punto che secondo gli studi più recenti circa l’8% degli adolescenti europei soffre di ansia e il 4% di depressione. Ma se le nuove tecnologie fornissero al tempo stesso anche la soluzione (o, quantomeno, alcuni possibili strumenti di risposta) al problema?
È la filosofia di “SMILE” (Supporting mental health in young people: integrated methodology for clinical decisions and evidence-based interventions), progetto di ricerca europeo che non solo si presenta come uno degli studi più completi mai realizzati finora sull'impatto delle tecnologie digitali sulla salute mentale dei giovani (10-24 anni), ma che vuole anche supportare concretamente la loro salute mentale attraverso la creazione di soluzioni digitali su misura. L’iniziativa, che è finanziata con oltre 6 milioni di euro nell’ambito di “Horizon Europe” (il programma quadro dell'Unione Europea per la Ricerca e l'innovazione per gli anni 2021-2027) e coinvolge 15 partner sparsi tra Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Slovenia, Cipro, Polonia, Romania e Italia, punta infatti a promuovere la resilienza, l’autoconsapevolezza, la flessibilità cognitiva e la capacità di gestire lo stress di bambini, adolescenti e giovani adulti. Un obiettivo particolarmente ambizioso da declinare sia nella raccolta di dati sul fenomeno (ancora troppo spesso sottovalutato e incompreso) sia nello sviluppo di strumenti digitali basati sull’intelligenza artificiale e su scenari gamificati.
Il videogioco. Partiamo proprio dal videogioco. O meglio, dal “serious game”, come vengono chiamati i giochi progettati a fini educativi. Un ambiente gamificato che, attraverso un approccio cognitivo-comportamentale applicato a scenari reali, si propone di aiutare i giovani a meglio comprendere comportamenti, sensazioni e sentimenti, a sviluppare il ragionamento critico e a trasformare i pensieri negativi in positivi. Il prototipo, sviluppato a livello tecnico dall’azienda tedesca “Nurogames” e co-progettato (anche a livello di ambientazioni) dai bambini e dagli adolescenti coinvolti nel corso di living labs e focus group, è stato presentato a fine agosto al Gamescom 2024 di Colonia.
Gli altri strumenti. Ma il “serious game” rappresenta soltanto uno dei prodotti del progetto, che prevede anche la realizzazione di un’app per smartphone e tablet pensata per promuovere un corretto stile di vita, fornire ai giovani un ambiente sicuro per condividere le loro sensazioni ed esperienze e discutere di salute mentale con coetanei, insegnanti, clinici e altri stakeholder e, infine, per monitorare i loro progressi. È inoltre prevista la creazione di una piattaforma open-knowledge dedicato a professionisti della salute, ricercatori, policymarkers, insegnanti e genitori: uno spazio collaborativo che vuole facilitare la condivisione di dati e conoscenze.
Il ruolo dell’Università di Bologna e del Policlinico di Sant’Orsola – IRCCS
Gli strumenti e i servizi così sviluppati verranno testati sul campo attraverso sette progetti pilota sparsi in altrettante nazioni europee. In Italia, in particolare, il dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna e l’unità operativa di Geriatria del Policlinico di Sant’Orsola - IRCCS si occuperanno di proporre il prototipo del serious game nelle scuole della città, raccogliendo feedback e questionari inerenti le tematiche della ricerca. I risultati e gli insegnamenti appresi permetteranno a SMILE di migliorare gli interventi e ridurre le lacune nei trattamenti.
Il Policlinico di Sant’Orsola – IRCCS è leader di uno dei work package del progetto e si è occupato in particolare di analizzare la fattibilità e la presenza di eventuali ostacoli e barriere, oltre che di definire le linee guide per l’individuazione e il coinvolgimento dei vari stakeholder (in primis bambini e adolescenti, ma anche genitori, scuole, fondazioni ed enti no profit).
Ma perché se ne occupa la Geriatria del Policlinico di Sant’Orsola?
“Il fatto – spiega la dottoressa Vincenza Frisardi dell’Unità Operativa di Geriatria, diretta dalla dott.ssa Maria Lunardelli – è che i soggetti che soffrono di disturbo d’ansia e dell’umore in età adolescenziale sono più a rischio di accelerare i processi neurodegenerativi in età adulta”. Secondo alcune ricerche, infatti, la depressione è presente nel 20-30% delle persone affette da demenza e nel 32% delle persone affette da decadimento cognitivo lieve. “Nel corso della vita siamo tutti, chi più, chi meno, esposti ad una serie cumulativa di eventi stressanti che, se non gestiti correttamente, alla lunga possono renderci più fragili. Ma noi impariamo a rispondere a questi eventi in modo positivo, e non con meccanismi nocivi come il senso di colpa, l'auto accusa e la frustrazione, durante l'adolescenza – continua Frisardi, che è anche membro del direttivo regionale dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria - In altre parole: la capacità di affrontare positivamente il passaggio dalla fase giovane-adulta a quella anziana può potenzialmente affondare le radici in un percorso appreso in età adolescenziale”. Dunque, imparare a gestire la risposta emotiva in un periodo di transizione dall'infanzia all'età giovane adulta supporta il benessere emotivo e fornisce strumenti per affrontare in modo positivo e con flessibilità cognitiva gli eventi stressanti della vita: “Ed è proprio questo il principio da cui parte SMILE”.
“In pratica – continua Frisardi - Vogliamo curare le giovani generazioni per migliorare la vita a quelli che saranno i futuri seniors e anziani. Anche perché gli stravolgimenti societari degli ultimi decenni hanno tolto diverse certezze – dalla stabilità familiare a quella lavorativa – che mitigavano le fragilità individuali: il risultato è che in futuro rischiamo di avere una società decisamente meno robusta, a cui vanno dunque forniti gli strumenti per gestire al meglio cambiamenti e momenti di crisi”.
Le generazioni che oggi costituiscono la terza età sono sempre state poco abituate a curare la salute mentale. “Adesso se ne parla molto di più e vengono formulate molte più diagnosi legate all'ansia e alla depressione. Uno degli obiettivi del progetto SMILE è anche quello di vincere lo stigma e migliorare l'Help Seeking, in modo da rendere le future vecchie generazioni ad essere più predisposte a ricevere supporto psicologico”.
Più in generale, il progetto si innesta su quella che Frisiardi definisce “una nuova cultura della Geriatria”. Una disciplina che non può più essere “appannaggio esclusivo della tarda età, dato che le competenze e la formazione interdisciplinare dei nostri specialisti, così come l’esperienza trasversale nei disturbi dell’Umore (che possono presentarsi in modi simili o correlati in diverse età) sono sempre più utili anche in fasi precedenti della vita. Adottando una visione di lungo termine, l’accesso alla Geriatria va dunque anticipato. Non a caso, negli Stati Uniti già da tempo non si parla più di geriatri ma di life-coach”.