Dopo due anni di sosta forzata per la pandemia, riprende l’attività di sensibilizzazione sul problema del delirium in ospedale in occasione della giornata mondiale organizzata sin dal 2015 dall’I-Delirium, rete scientifica internazionale del delirium.
Mercoledì 16 marzo l’équipe multiprofessionale della Geriatria, Ortogeriatria e CDCD diretto dalla dott.ssa Maria Lia Lunardelli incontra colleghi medici e infermieri nei vari padiglioni medici e chirurgici del Policlinico per distribuire materiale informativo utile per il riconoscimento precoce del delirium e per il suo trattamento.
L’esperienza dell’infezione da Sars Cov 2 ha confermato come il delirium sia frequente nei pazienti ricoverati in ospedale per patologie acute e in particolare nelle terapie intensive. Complicanza frequente del ricovero in ospedale, il delirium colpisce circa una persona su cinque, con una particolare incidenza negli anziani. Per questo motivo il delirium è oggetto di attenzione in ambito geriatrico ma non solo; recenti revisioni sistematiche sull’incidenza del delirium in rapporto ai vari setting di cura hanno rilevato che questa varia dal 25% nei reparti medici al 50% nelle aree chirurgiche fino al 75% in terapia intensiva.
Il delirium è quindi una sfida assistenziale in ogni ambito di cura: servizi di emergenza, reparti di medicina e chirurgia, geriatria, oncologia, unità di terapia intensiva e anche strutture residenziali e a domicilio.
La malattia può presentarsi in varie forme: iperattivo, ipoattivo a seconda delle manifestazioni comportamentali e dello stato di vigilanza, e misto quando vi sia un'alternanza delle due tipologie. Senza strumenti diagnostici risulta difficile riconoscerlo nelle sue manifestazioni ipocinetiche (letargia, apatia, non contatto). In studi recenti in cui medici e infermieri hanno usato gli strumenti di screening, la prevalenza di questa forma è risultata superiore a quella della forma ipercinetica.
Caratterizzato da una genesi multifattoriale, il delirium tende a svilupparsi soprattutto in anziani con fragilità fisica e cognitiva ricoverati in ospedale per malattie acute. In genere, negli anziani fragili bastano minimi cambiamenti, a determinare il delirium, mentre nel caso di anziani in buone condizioni sono necessari eventi più severi, quali un intervento chirurgico maggiore o una sepsi.
Per tenere sotto controllo il delirium non c’è arma migliore della prevenzione. Per renderla efficace occorre:
- identificare i pazienti a rischio;
- mobilizzare tempestivamente le persone e, quando possibile, farle camminare;
- stimolare l’orientamento temporo-spaziale e la cognitività;
- compensare i deficit sensoriali facendo usare occhiali e apparecchi acustici;
- promuovere un buon ritmo sonno-veglia;
- evitare farmaci con effetti negativi sulla funzione cognitiva (psicofarmaci, neurolettici, anticolinergici, alcune classi di antibiotici);
- sensibilizzare lo staff in modo da riconoscere i primi sintomi della malattia e approcciarsi in maniera adeguata;
- incoraggiare la vicinanza dei familiari e dei caregiver al paziente, utile a stimolare la deambulazione assistita e la ripresa delle abilità quotidiane, evitando il ricorso ai farmaci.
L’approccio terapeutico si basa innanzitutto sulla cura della patologia sottostante al delirium e sull’applicazione delle misure preventive prima elencate. La terapia farmacologica con sedativi è indicata nel trattamento di pazienti con agitazione psicomotoria severa non gestibile con strategie alternative e che può mettere a rischio loro stessi o altre persone.
All'IRCCS Policlinico di Sant'Orsola è presente un percorso specifico per pazienti con Delirium o con BPSD in demenza che prevede la possibilità di richiedere una Consulenza Psicogeriatrica e l’eventuale trasferimento in Delirium Room.
Dal 2013 ad oggi le consulenze sono progressivamente aumentate fino ad arrivare ad oltre 600 all’anno e hanno interessato pazienti sempre più anziani (età media 82,4 anni).
Durante la pandemia, a causa delle conseguenze dell'infezione da Sars COV 2, sono aumentate le consulenze nel reparto di malattie infettive e nei reparti di medicina interna, momentaneamente divenuti reparti Covid-19. La forte relazione tra polmonite da Sars-Cov 2 e delirium può essere imputata, oltre alle conseguenze dell’infezione, anche a vari fattori di rischio ambientali e assistenziali che hanno favorito l’immobilità del paziente, l’isolamento e la difficoltà di comunicazione con il personale a causa delle barriere costituite dai dispositivi di protezione. Anche nei reparti non Covid, si è osservato nello stesso periodo un aumento dei casi di delirium e di BPSD per l’inattuabilità degli interventi non farmacologici, in particolare la mancanza del familiare in reparto.