Per aborto spontaneo si intende un’interruzione di gravidanza che si verifica spontaneamente entro la ventesima settimana di gestazione.
Nella maggior parte dei casi l’aborto avviene in realtà già nel primo trimestre di gestazione. A volte l’interruzione spontanea di gravidanza non provoca alcun sintomo riconoscibile, tanto che la perdita del feto viene notata solamente durante l’ecografia di routine.
In altri casi, invece, l’aborto si manifesta sotto forma di perdite vaginali, dolore addominale o nella parte bassa della schiena e con l’espulsione spontanea dell’embrione o del feto senza vita.
Nella maggior parte dei casi l’aborto è legato ad uno sviluppo anomalo del feto dovuto ad anomalie cromosomiche. Più raramente, invece, l’interruzione di gravidanza è associata a malformazioni congenite o acquisite dell’utero o a incontinenza cervicale.
L’elenco delle possibili cause, in tutti i modi, è piuttosto lungo, e include patologie infettive, malattie autoimmuni o trombofiliche, infezioni vaginali non adeguatamente trattate e problemi ormonali.
Diversi fattori, poi, concorrono ad aumentare il rischio di aborto spontaneo, inclusi l’età, precedenti interruzioni di gravidanza, condizioni croniche (ad esempio diabete non controllato), il peso e l’utilizzo di alcol, fumo e droghe.
In genere il sospetto diagnostico nasce nel corso di una visita ginecologica e viene accertato con un’ecografia. Possono inoltre essere prescritti esami del sangue, analisi dei tessuti e test genetici.
La terapia varia in base ai sintomi riportati dalla paziente. Se l’aborto non provoca dolori o emorragie, infatti, i medici possono scegliere di attendere la spontanea espulsione dell’embrione, che solitamente ha luogo nell’arco di qualche settimana. Tale decisione, in ogni caso, viene presa in accordo con la paziente: in alcuni casi, infatti, la donna preferisce accelerare il processo attraverso una terapia farmacologica indicata. È inoltre possibile ricorrere a un piccolo intervento chirurgico di rimozione.
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