Il Citomegalovirus (CMV) è un virus estremamente comune, appartenente alla famiglia degli Herpesvirus. Si stima infatti che circa il 70/80% degli italiani contragga l’infezione nell’arco della vita: in genere dopo il primo contatto rimane latente nell’organismo e non rappresenta un pericolo, mentre in caso di indebolimento del sistema immunitario può avere conseguenze più serie.
Nelle persone in buona salute l’infezione da Citomegalovirus non si manifesta in maniera evidente o, tutt’al più, determina per pochi giorni sintomi lievi, simili a quelli dell’influenza comune o della mononucleosi infettiva (febbre, mal di gola, affaticamento e dolori muscolari). In genere il sistema immunitario è infatti perfettamente in grado di contrastare rapidamente la replicazione del virus, contenendone gli effetti.
Tuttavia, nei soggetti con il sistema immunitario compromesso, il discorso è diverso. Ad esempio, nei pazienti sottoposti a trapianto, nei pazienti HIV-infetti in fase avanzata di malattia o nei pazienti affetti da severe malattie autoimmuni l'infezione da Citomegalovirus può manifestarsi con quadri clinici decisamente più gravi, come: polmonite, epatite, esofagite, colite, encefalite e retinite.
Anche la trasmissione del virus durante la gravidanza deve essere seriamente attenzionata, soprattutto in caso di infezione primaria della madre acquisita durante il primo trimestre di gestazione. Nei casi più gravi, infatti, l’infezione congenita da CMV può causare una compromissione del fegato, dei polmoni e del sistema nervoso centrale.
Il Citomegalovirus si trasmette attraverso fluidi o secrezioni biologiche, come saliva, urine, lacrime, liquido seminale e latte materno. La trasmissione può avvenire tramite contatto diretto con materiali biologici infetti, ma anche attraverso trasfusioni di sangue, trapianti di organo solido o di cellule staminali emopoietiche. Nel caso della trasmissione verticale (madre-figlio), questa può avvenire in utero attraverso la placenta, ma anche durante il parto o attraverso l’allattamento. La condizione associata a maggiore rischio di avere severe manifestazioni cliniche nel neonato resta la trasmissione in utero, soprattutto nel caso di infezioni materna contratta nel primo trimestre di gestazione.
La diagnosi di CMV si basa su test di laboratorio: esame del sangue per rilevare la presenza di anticorpi specifici contro il virus, test di PCR per individuare il DNA virale nel sangue o in altri campioni biologici. Nei neonati, la diagnosi di infezione congenita si esegue mediante ricerca del DNA virale nelle urine. Nei pazienti riceventi trapianto, si esegue un monitoraggio virologico mediante ricerca del DNA virale nel sangue periferico, durante il periodo post-trapianto.A
Nei pazienti in buono stato di salute l'infezione da Citomegalovirus tende a risolversi spontaneamente.
Per quanto riguarda i pazienti più fragili, come i soggetti immunodepressi e i neonati con infezione congenita sintomatica da CMV, potrebbe essere invece necessaria la pianificazione di una terapia specifica a base di farmaci antivirali. Negli ultimi anni, in particolare, sono stati introdotti nuovi farmaci dagli effetti collaterali decisamente più contenuti.
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