L’induzione del travaglio di parto (o parto indotto) è un trattamento impiegato per avviare il travaglio quando non inizia spontaneamente o in condizioni di particolari necessità. Consiste nella somministrazione di farmaci o nell’impiego di manovre volte a dilatare il collo dell’utero e a stimolare la comparsa di contrazioni.
Esistono più modalità per indurre il travaglio di parto: la scelta dell’opzione migliore dipende dal quadro clinico generale.
Se il collo dell’utero è già dilatato e disteso, ad esempio, la metodica più efficace consiste nella rottura delle membrane (che si ottiene mediante una semplice visita ostetrica) e nella somministrazione per via endovenosa del farmaco ossitocina.
In caso contrario (mancata dilatazione) è necessario preparare preliminarmente il collo dell’utero mediante la somministrazione di farmaci o l’impiego di mezzi meccanici come il catetere di Foley (un catetere sottile dottato di palloncino che viene inserito attraverso il canale cervicale per poi essere gonfiato) o di candelette che si dilatano lentamente.
In genere tutte queste soluzioni risultano lievemente o per nulla fastidiose. L’induzione rappresenta in ogni caso un processo lento: dal trattamento all’effettivo inizio del travaglio possono passare diverse ore o anche un paio di giorni. Nell’esperienza del nostro ospedale, l’induzione del travaglio di parto ha successo e conduce a un parto vaginale nel 90% dei casi. Per il restante 10% delle pazienti si rende invece necessario un taglio cesareo.
L’induzione del travaglio di parto è necessaria o comunque consigliabile in numerose situazioni ostetriche. Ad esempio per una gravidanza che è progredita oltre il termine, oppure per complicazioni della gravidanza come diabete o ipertensione.
Malattie correlate
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Strutture coinvolte
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