Monkeypox: un anno dopo

02 Maggio 2023

A diversi mesi dall’ultima diagnosi, l’unità operativa di Dermatologia fa il punto sull’epidemia di vaiolo delle scimmie che la scorsa estate ha interessato anche Bologna.

«La medicina è in continua evoluzione. Le conoscenze date ormai per acquisite, a volte, vengono ribaltate all’improvviso». Valeria Gaspari, responsabile dell’ambulatorio Malattie Sessualmente Trasmissibili dell’IRCCS, si riferisce all’epidemia di vaiolo delle scimmie (monkeypox) che tra giugno e ottobre dello scorso anno ha visto transitare per il Sant’Orsola una cinquantina di casi (circa la metà dei pazienti contagiati in tutta l’Emilia-Romagna). «Non ci saremmo mai aspettati di rivedere un virus della stessa famiglia del vaiolo. E, soprattutto, di rivederlo in questo modo. La malattia ha infatti cambiato la modalità di trasmissione: da infezione acquisita per via respiratoria è diventata in tutto e per tutto una malattia trasmessa sessualmente».

Ma cos’è il vaiolo delle scimmie? Si tratta di un’infezione causata da un virus della stessa famiglia del vaiolo ma che si differenzia da quest’ultimo per la minore trasmissibilità e gravità. Si manifesta sotto forma di vescicole, pustole e piccole croste associate a febbre, dolori muscolari, mal di testa, rigonfiamento dei linfonodi e stanchezza. In genere la malattia si risolve spontaneamente in poche settimane senza bisogno di terapie specifiche, ma solo di farmaci per contrastare i sintomi: i pazienti diagnosticati al Sant’Orsola, in particolare, hanno avuto solo sintomi lievi-moderati con un decorso benigno. Ciononostante, è bene sottolineare come il vaiolo delle scimmie possa causare una malattia più grave soprattutto in alcuni gruppi di popolazione particolarmente fragili quali bambini, donne in gravidanza e persone immunosoppresse.

Un po’ di storia. Il nome deriva dalla prima identificazione del virus, che è stato scoperto nelle scimmie in un laboratorio danese nel 1958. Il vaiolo delle scimmie è stato identificato per la prima volta come patogeno umano nel 1970 nella Repubblica Democratica del Congo. Attualmente è endemico in diversi paesi dell’Africa centrale e occidentale.

L’epidemia del 2022. Nel maggio del 2022 sono stati segnalati all’Organizzazione Mondiale della Sanità casi di vaiolo delle scimmie in 12 stati membri in cui la malattia non è endemica. A giugno anche al Sant’Orsola è stato ricoverato il primo caso. «Presso l’ambulatorio di Malattie Sessualmente Trasmissibili ne abbiamo identificati diversi – continua Gaspari - e questa è stata la vera sorpresa dell’epidemia, il cambiamento della modalità di trasmissione».

La pubblicazione. Pochi mesi fa Gaspari ha analizzato, con la collaborazione di un team multidisciplinare composto dalle unità operative di Dermatologia (diretta dalla professoressa Bianca Maria Piraccini), di Microbiologia (professoressa Tiziana Lazzarotto) e di Malattie Infettive (professor Pierluigi Viale), le caratteristiche cliniche e virologiche dei pazienti presi in carico, firmando una pubblicazione sul “Journal of Clinical Microbiology”, una delle riviste più autorevoli nel settore clinico-infettivologico e microbiologico (impact factor superiore a 11).

Lo studio racconta, ovviamente in forma anonima, le esperienze di una trentina dei casi osservati dall’ambulatorio MTS. «Nei pazienti che abbiamo visitato (età media 37,5 anni) sono state riscontrate lesioni cutanee soprattutto a livello genitale e perianale, più raramente anche in altre zone del corpo (ad esempio lungo gli arti). Tutti appartenevano alla categoria “MSM”: uomini che hanno rapporti con altri uomini». Perché? «Probabilmente le abitudini sessuali e la tipologia di rapporti predispongono alla trasmissione del virus».

In ogni caso, sottolinea Gaspari, «l’epidemia si è in gran parte auto-risolta, anche grazie alla vaccinazione. L’Igiene Pubblica è stata molto rapida a offrire i vaccini alle categorie più a rischio. L’ultima diagnosi risale ormai allo scorso ottobre: al momento non è più una problematica di sanità pubblica».