Riconoscere precocemente i segnali d’allarme

18 Aprile 2023

L’IRCCS propone una ricerca che prevede l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per individuare il rischio di complicanze nei pazienti sottoposti a trapianto di fegato, cuore o rene.

Lo studio rientra nel più ampio progetto “DARE (DigitAl lifelong pRevEntion)” e risponde di fatto all’esigenza sempre più pressante di medicina personalizzata, e quindi alla necessità di impostare le terapie sulle caratteristiche del singolo paziente. Una tendenza che va di pari passo con la digitalizzazione e che, come sottolinea la dottoressa Maria Cristina Morelli (direttrice dell’unità operativa di Medicina Interna per il trattamento delle gravi insufficienze d'organo del Sant’Orsola), “può avere enormi potenzialità per i pazienti sottoposti a trapianto”.

I progressi compiuti negli ultimi vent’anni dalla trapiantologia (in termini di riuscita degli interventi, di tecniche chirurgiche e di trattamento del rigetto o delle alterazioni immunologiche), infatti, hanno fatto emergere anche nuove sfide. L’aumento della sopravvivenza dei pazienti – superiore al 90% ad un anno e al 70% a 5 anni – si è associato ad un incremento delle complicanze a lungo termine. Malattie invalidanti che normalmente sono connesse all’invecchiamento e allo stile di vita (patologie cardiovascolari, il diabete, ma anche nuovi tumori) e che vengono favorite dal trattamento immunosoppressivo post-trapianto.

«È quindi necessario individuare per tempo i fattori di rischio che possono portare allo sviluppo di queste complicanze – continua Morelli – Per raggiungere l’obiettivo, abbiamo pensato di farci aiutare dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale». Il progetto di ricerca della dottoressa Morelli intende infatti individuare il rischio di complicanze a partire dai dati sulla storia clinica e lo stile di vita del paziente, sulle caratteristiche dell’organo trapiantato e in funzione della risposta immunologica.

«Si tratta di una grande quantità di informazioni che difficilmente può essere valutata nella sua globalità dal singolo medico. Grazie agli algoritmi, invece, crediamo di poter individuare per tempo i segnali d’allarme caso per caso, in modo da prendere le dovute contromisure e agire con terapie personalizzate».