Sindrome del bambino scosso: conoscerla per evitarla

07 Aprile 2025

Domenica 6 e lunedì 7 aprile si celebra la Giornata della prevenzione della “Shaken baby syndrome”

La Sindrome del bambino scosso o “Shaken Baby Syndrome” secondo gli autori anglosassoni, è una forma di abuso fisico, una pratica molto pericolosa ma ancora diffusa, in cui un neonato o un lattante viene scosso da colui o colei che lo accudisce, spesso come risposta esasperata al pianto disperato o prolungato nel tempo, in particolare se non se ne capisce la ragione.

“Il pianto è un linguaggio – spiega il prof. Marcello Lanari, Direttore della Clinica Pediatrica IRCCS Policlinico di Sant’Orsola – è il modo con cui neonati e lattanti comunicano di avere bisogno di qualcosa o richiamano l’attenzione del caregiver. Essi piangono spesso e, se in molte occasioni riusciamo ad identificare la causa (fame, sete, dolori addominali, stanchezza), talvolta non riusciamo a capirne il perché. È ovvio che il genitore, specie se inesperto, possa sentirsi disorientato, esasperato e provare un forte disagio quando il pianto è prolungato nel tempo e magari fa perdere ore di sonno e di recupero a chi già vive con ritmi serrati per soddisfare i bisogni fisiologici del piccolo. Reagire scuotendolo può essere però fortemente pericoloso, rappresentando la “Shaken Baby Syndrome” la più frequente causa di morte per abuso nelle prime epoche della vita”.

“Nei primi mesi di vita in particolare, i bambini devono essere spostati con estrema cura, garantendo sempre un buon controllo del capo. Bisogna tenere conto che il capo del bambino è proporzionalmente più grande e pesante rispetto al resto del corpo, se paragonato all’adulto – continua Lanari – e i muscoli del collo sono notevolmente meno robusti e capaci di sostenerlo. Scuoterli con violenza tenendoli dal tronco, come accade nella cosiddetta “Sindrome del bambino scosso”, impartendo rapide accelerazioni e decelerazioni al contenuto del cranio, può essere causa di danno cerebrale, con conseguenze che possono portare a complicanze all’udito, alla vista, deficit motori e/o cognitivi importanti e invalidanti fino anche, nei casi più gravi, alla morte”.

Quindi siamo di fronte a una pratica molto pericolosa, anche perché spesso nell’azione dei genitori o di coloro che la praticano, pur rappresentando una grave forma di violenza, non c’è consapevolezza o volontà espressa di nuocere. 

Così appare sempre più centrale un approccio basato sull’informazione ai neogenitori per indirizzarli ad una miglior comprensione delle manifestazioni dei loro piccoli e a possibili strategie per tenerli più tranquilli, anche alla luce delle mutazioni che il contesto sociale ha subito nel corso degli anni, ove sono sempre di più i nuclei mono-genitoriali o le famiglie che non possono contare sul supporto di nonni, familiari e amici che potrebbero trasmettere un tesoro costituito dall’esperienza.

“In questi ultimi anni, purtroppo, abbiamo gestito numerosi casi di “Shaken Baby Syndrome”. La risoluzione del fenomeno sembra essere sempre di più legata alla prevenzione – conclude Lanari – che significa informare i genitori, supportarli nelle prime fasi dopo la nascita, insegnar loro a comprendere ed imparare a gestire i fabbisogni fisiologici del bambino, i suoi ritmi sonno-veglia, le sue richieste alimentari e di rassicurazione”.

Qui un articolo de il Resto del Carlino
Qui un articolo di Il Corriere Bologna 
Qui un articolo di Repubblica Bologna