Le infezioni batteriche si combattono con la terapia personalizzata

19 Marzo 2024

Insieme all’UniBo e ad altri centri di ricerca europei, l’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola ha studiato un nuovo metodo bayesiano utile a stimare la durata dell’efficacia nel tempo della terapia con dalbavancina, un antibiotico impiegato nel trattamento delle infezioni da stafilococco.

Indicato per la terapia delle infezioni batteriche della cute e dei tessuti molli, tale farmaco, che è caratterizzato da una lunga durata d’azione di alcune settimane, è impiegato da qualche tempo anche nel trattamento di infezioni subacute e croniche, quali le infezioni osteo-articolari, le endocarditi infettive e le infezioni delle protesi endovascolari. Per queste ultime indicazioni, talvolta la terapia può durare anche alcuni mesi ed è quindi necessario ricorrere ad ulteriori somministrazioni indicativamente ogni tre-quattro settimane circa, eseguibili anche in regime di day-hospital. “La prolungata durata d’azione è, al tempo stesso, il pregio e il difetto di questo trattamento – spiega Pier Giorgio Cojutti, ricercatore dell’Università di Bologna e dirigente medico di Farmacologia Clinica dell’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola – perché non sempre è facile stabilire se la dose del farmaco è adeguata alla durata richiesta”.

Nelle terapie a lungo termine di infezioni subacute e croniche, infatti, la concentrazione ottimale della dalbavancina nel sangue dovrebbe mantenersi al di sopra di una soglia minima (pari a 4-8 mg/L) che garantisce una buona efficacia nei confronti delle infezioni da stafilococco. Questo antibiotico però è caratterizzato da una variabilità farmacocinetica piuttosto ampia che dipende principalmente dalle caratteristiche fisiopatologiche di ogni singolo paziente: ragion per cui, dopo la somministrazione di una data dose, le concentrazioni nel sangue possono essere molto diverse da un individuo all’altro. La difficoltà sta quindi nell’individuare quale possa essere la durata ideale dell’efficacia di ogni singola dose e quale possa essere la finestra temporale più appropriata per risomministrare la dose successiva al fine di mantenere la concentrazione nel range di efficacia. Ed è proprio a questo proposito che entra in gioco il metodo bayesiano predittivo.

I ricercatori dell’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola e dell’Università di Bologna – in collaborazione con l’Università di Groningen, la Charles University di Praga, la Medimatics e Mediware – hanno sviluppato e validato un nuovo metodo bayesiano per stimare l’andamento della concentrazione dell’antibiotico nel tempo in relazione alle concentrazioni plasmatiche rilevate in ogni singolo paziente. “In sostanza – commenta Cojutti – inserendo nel modello le caratteristiche del singolo paziente, le dosi di dalbavancina che sono state somministrate e le concentrazioni rilevate nel plasma, il software ci consente di stimare con buona approssimazione per quanto tempo il livello della dalbavancina rimarrà nel range di efficacia. Questo strumento rappresenta pertanto un utile ausilio per personalizzare al meglio la terapia in base alle esigenze specifiche del singolo caso da trattare”.

Ma in cosa consiste il metodo bayesiano? Il metodo bayesiano è un approccio statistico che consente di migliorare le previsioni iniziali di un avvenimento (ipotesi a priori) in base a dati aggiuntivi che vengono acquisiti dopo l’inizio e in numero sempre maggiore con il passare del tempo (ipotesi a posteriori).

Facciamo un esempio. Poniamo che questa sera allo stadio si affrontino due squadre divise da un’accesa rivalità: il team rosso e il team blu. Nei 15 precedenti incontri 8 volte hanno vinto i rossi, le restanti 7 i blu. Se consideriamo solo questo dato, il team rosso sembra avere maggiori probabilità di vittoria: 8 su 15 (il 53%), contro il 47% dei blu. Questa è dunque la nostra previsione iniziale, la nostra ipotesi a priori.

Questa sera, però, il meteo promette pioggia. Come sono andate le due squadre sotto l’acqua? Scopriamo che nei 15 precedenti incontri ha piovuto in 6 casi: 4 volte hanno vinto i blu, 2 i rossi. Le probabilità di vittoria della squadra cambiano allora drasticamente: il team blu sotto la pioggia ha ben 4 probabilità su 6 di vincere, quindi il 66%. Considerando che questa sera dovrebbe piovere, il pronostico pende dunque dal suo lato (ipotesi a posteriori).

L’esempio è ovviamente una semplificazione, l’algoritmo sviluppato dai ricercatori è molto più complesso e tiene in considerazione numerose variabili. Ma il principio rimane: l’analisi bayesiana aiuta a migliorare le previsioni sulla base degli aggiornamenti che vengono raccolti in itinere. “Tante più informazioni si introducono nell’algoritmo e tanto più l’algoritmo migliora – conferma Cojutti - È una sorta di intelligenza artificiale che “apprende” in funzione della numerosità delle informazioni inserite”.

La ricerca, pubblicata sulla rivista “International Journal of Antimicrobial Agents”, ha infatti dimostrato che le previsioni dell’algoritmo a posteriori risultano molto più precise rispetto alle previsioni a priori. “Tali evidenze dovranno essere confermate in studi multicentrici realizzati su corti di pazienti molto più ampie – conclude Cojutti – ma i risultati ottenuti sono molto incoraggianti”.