La colectomia è un intervento chirurgico che consiste nella rimozione parziale o completa del colon, ossia di un tratto dell’intestino crasso. Tale operazione prevede ovviamente anche una fase di chirurgia ricostruttiva, in modo da ripristinare la continuità del tubo digerente. A volte, oltre al colon, è necessario rimuovere anche il retto: in questo caso si parla di protocolectomia. In tutti i casi, l’operazione viene eseguita in anestesia generale e può durare diverse ore.
La procedura chirurgica può essere eseguita in due diversi modalità: per via laparotomica o per via laparoscopica. Non si tratta di una distinzione esclusivamente tecnica, dal momento che la scelta del tipo di procedura ha conseguenze sull’invasività dell’intervento e sui tempi di recupero.
- Colectomia a cielo aperto (o laparotomica). Si tratta della via più tradizionale e, oggigiorno, meno utilizzata, in quanto particolarmente invasiva. In questo caso, infatti, l’asportazione parziale o completa del colon viene portata a termine aprendo un’incisione di diversi centimetri nell’addome. Attraverso questa apertura i chirurghi operano direttamente sul tubo digerente.
- Colectomia laparoscopica. A differenza della chirurgia laparotomica, l’approccio laparoscopico non prevede l’apertura di un’unica grande incisione, ma bensì la creazione di fori di più piccole dimensioni (sempre a livello dell’addome) attraverso cui i medici infilano i propri strumenti. L’intervento viene quindi portato a termine grazie all’ausilio di uno strumento ottico flessibile dotato di luce e telecamera. Grazie a questo dispositivo, che è collegato ad un monitor presente in sala operatoria, i chirurghi possono procedere alla rimozione degli organi.
I chirurghi scelgono l’approccio migliore tenendo conto dello stato di salute del paziente, delle dimensioni del tratto di colon da asportare e delle caratteristiche della patologia che ha reso necessario l’intervento. In entrambi i casi, comunque, è necessario ricostruire la continuità intestinale per permette il transito e l’espulsione delle feci. Anche questo passaggio prevede più opzioni:
- Ricongiungzione dei segmenti di colon rimanenti: in questo caso il passaggio delle feci e la defecazione vengono ripristinati in maniera molto simile alla normalità, in quanto la chirurgia ricostruttiva si limita a riconnettere le rimanenti porzioni dell’intestino crasso.
- Colostomia: con questa procedura, al contrario, i chirurghi collegano il tratto di colon rimanente con un’apertura creata a livello dell’addome. Tale apertura è collegata ad un contenitore di raccolta delle feci.
- Ileostomia: come suggerisce anche il nome, questa tecnica e molto simile alla precedente e viene utilizzata in caso di rimozione totale del colon. In questo caso l’apertura a livello dell’addome viene collegata con l’ileo, la parte finale dell’intestino tenue.
- Connessione del piccolo intestino all’ano: quest’ultima opzione viene scelta in caso di rimozione del colon e del retto, e consiste nella connessione diretta dell’ileo all’ano.
In ogni caso, l’operazione viene eseguita in anestesia generale e può avere una durata variabile tra le tre e le sei ore.
La rimozione parziale o totale del colon permette di curare o prevenire diverse malattie intestinali. Nella maggior parte di casi la colectomia viene eseguita su pazienti affetti dal cancro del colon, ma nel lungo elenco di possibili indicazioni troviamo anche alcune patologie autommuni (come il morbo di Crohn e la colite ulcerosa), le poliposi del colon, la diverticolite, gravi occlusioni intestinali, ulcere ed emorragie severe.
Il paziente deve sottoporsi a diversi controlli clinici ed esami strumentali (come l’elettrocardiogramma e la colonscopia), in modo da accertare la sua idoneità all’operazione. I medici, inoltre, prescrivono la sospensione o la modifica di eventuali terapia a base di farmaci antiaggreganti, anticoagulanti o antinfiammatori.
In genere il ricovero è previsto a partire dal giorno stesso dell’intervento. È necessario presentarsi all’appuntamento a digiuno completo dalla sera precedente. L’intestino, inoltre, deve essere il più possibile pulito: per raggiungere questo obiettivo, i medici prescrivono solitamente una soluzione lassativa, in modo da svuotare colon e retto, e un antibiotico.
Una volta ultimato l’intervento il paziente viene ricoverato per circa una settimana (anche se la procedura laparoscopica può richiedere tempi inferiori). Durante il periodo di degenza, la nutrizione viene garantita prima per via endovenosa e poi con alimenti liquidi, in quanto l’intestino non è pronto a digerire alimenti solidi.
Il paziente può avvertire dolore e una sensazione di affaticamento anche dopo le dimissioni. Si tratta, in entrambi i casi, di sintomi normali dopo un intervento di questa portata, ma che non vanno comunque sottovalutati. In caso di peggioramento o di comparsa di nuove manifestazioni (come la presenza di sangue nelle feci) è bene rivolgersi a un medico.
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