L’embolizzazione è un trattamento mini-invasivo che viene praticato per limitare o bloccare il flusso sanguigno nei vasi anomali. La procedura prevede l’utilizzo di un catetere flessibile, che deve essere inserito per via percutanea (solitamente il punto di accesso è localizzato in una vena del braccio o dell’inguine) e poi guidato delicatamente fino al vaso sanguigno danneggiato. Una volta raggiunto il punto da trattare, viene quindi iniettato un materiale embolizzante in modo da bloccare il flusso del vaso colpito. L’intervento, che di solito richiede l’ausilio di strumenti di imaging e a raggi X (e che quindi può prevedere l’iniezione di un mezzo di contrasto), si conclude infine con la rimozione del catetere.
La chiusura totale o parziale viene di solito praticata sui vasi sanguigni colpiti da patologie gravi. Ad esempio può essere utilizzata per correggere eventuali collegamenti anomali tra vasi, oppure per isolare malformazioni venose o arteriose.
È richiesto il digiuno dalla mezzanotte del giorno precedente. I pazienti che assumono anticoagulanti o antiaggreganti devono comunicarlo anticipatamente, poiché l’effettuazione della procedura potrebbe comportare una maggiore frequenza di complicane emorragiche. L’interruzione o la modifica della terapia deve essere concordata con il medico curante o il reparto che segue il paziente.
Il paziente, in assenza di complicanze, può essere dimesso il giorno successivo all’embolizzazione. In alcuni casi, a circa 2-4 settimane dall’intervento deve eseguire una Tac (o risonanza magnetica) di controllo.
Malattie correlate
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Strutture coinvolte