L’ernia inguinale consiste nella fuoriuscita di uno o più visceri addominali (organi interni all’addome, nella maggior parte dei casi porzioni di intestino) dalla loro sede naturale. È conseguenza dell’indebolimento della parete addominale e si manifesta sotto forma di un rigonfiamento verso l’esterno che emerge nella zona inguinale.
Il sintomo principale dell’ernia è rappresentato dal rigonfiamento che compare nella parte interna dell’inguine. Le dimensioni di tale tumefazione possono variare nell’arco della stessa giornata a seconda della posizione assunta dal paziente (eretta o sdraiata) o durante sforzi fisici e sollecitazioni.
Tale manifestazione può essere associata a dolore. I pazienti di sesso maschile, che tendenzialmente sono di gran lunga i più interessati dall’ernia inguinale, possono inoltre lamentare una sensazione di fastidio al testicolo.
Normalmente i visceri addominali sono trattenuti all’interno della cavità da una solida parete muscolare. L’ernia è generata da un allentamento di tale struttura di contenimento in corrispondenza dell'anello inguinale interno o della fascia trasversalis. L’allentamento può essere congenito, e cioè presente nel paziente fin dalla nascita a causa dell’incompleta chiusura del canale inguinale, oppure acquisito a causa di una degenerazione del tessuto connettivo muscolare.
I fattori che possono facilitare tale allentamento sono molteplici: invecchiamento, affaticamento o stress muscolare (legato ad esempio a movimenti bruschi e aumento di peso), condizione di sovrappeso e obesità, gravidanza e stitichezza.
In genere l’ernia può essere riconosciuta dai medici attraverso l’analisi dei sintomi riportati dal paziente e con un semplice esame obiettivo. Talvolta, tuttavia, può essere indicata l’esecuzione di esami di approfondimento come l’indagine ecografica.
È bene non sottovalutare un’ernia inguinale: non regredisce spontaneamente e tende, anzi, a peggiorare con il passare del tempo. La storia naturale di un’ernia inguinale non operata e trascurata è infatti inevitabilmente volta all’incremento di dimensioni sino anche a diventare inguino-scrotale o permagna e a complicarsi con incarceramento o strozzamento (4% dei casi), a tal punto da rendere necessario un intervento in urgenza. Per questi motivi, al momento della diagnosi è corretto predisporre una riparazione chirurgica.
L’intervento di ernioplastica, in particolare, è sempre indicato nei casi sintomatici (quando c’è dolore) e prevede la riduzione del contenuto erniato nella sua posizione naturale, la riparazione del difetto parietale da cui deriva la fuoriuscita dell’ernia e il posizionamento di una rete in materiale biocompatibile (mesh).
Attualmente, le tecniche chirurgiche per eseguire l’intervento sono due:
- Tecnica chirurgica classica (o inguinotomica), la quale prevede un'incisione di circa 6 centimetri a livello dell’inguine preferibilmente in anestesia locale (AL) o anestesia locoregionale (ALR). Viene solitamente eseguita in regime di day surgery, permettendo così al paziente il ritorno a casa in giornata.
- Tecnica laparoscopica (“TAPP: Trans-abdominal pre-peritoneal”), che si esegue mediante 3 piccole incisioni addominali di 10 millimetri. Tale tecnica prevede un’anestesia generale ed è solitamente proposta in caso di ernia inguinale bilaterale o nel trattamento delle recidive.
Dopo il trattamento è opportuno seguire alcune raccomandazioni:
- Dieta: ricca di fibre per garantire regolarità intestinale senza sforzi eccessivi per la defecazione;
- Ripresa motoria: graduale ritorno ad una regolare attività fisica in 2-3 settimane. Evitare sforzi fisici eccessivi (sollevamenti, trazioni…) per 1 mese. Può essere utile indossare degli slip elastici contenitivi per i primi 30 giorni dall’intervento;
- Ritorno al lavoro: quando il paziente si sente abbastanza in forma per svolgere le normali attività quotidiane. È molto variabile da persona a persona; solitamente dopo 14-21 giorni.
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