La malattia di Anderson-Fabry (MAF) è una rara patologia genetica caratterizzata dall’accumulo anomalo di sostanze grasse (sfingolipidi) nelle cellule del corpo. Si tratta di una malattia multi-sistemica: se non trattato per tempo, infatti, tale accumulo può danneggiare progressivamente diversi organi e tessuti del corpo (il cuore, i reni, la cute e diverse strutture del sistema nervoso).
Il progressivo accumulo degli sfingolipidi all’interno delle cellule comporta una progressiva disfunzione dei tessuti e degli organi del paziente. Si distinguono, in particolare, due forme della malattia di Anderson-Fabry:
- la forma classica, che rappresenta la forma più severa della MAF e colpisce prevalentemente il sesso maschile. Le manifestazioni cliniche della malattia compaiono durante l’infanzia o l’adolescenza sotto forma di dolore alle estremità degli arti (acroparestesie), formazione di lesioni ruvide, scure e in rilievo sulla pelle (cheratomi cutanei), sudorazione ridotta (ipo-anidrosi) con ridotta tolleranza allo sforzo, dolore addominale, diarrea e opacità della cornea (cornea verticillata). In età adulta la malattia può progredire con un progressivo coinvolgimento cardiaco, cerebrovascolare e renale
- la variante later-onset o atipica si manifesta invece più tardi, tra la terza e la settima decade di vita. In genere i livelli residui di attività enzimatica sono più elevati rispetto ai soggetti interessati dalla forma classica: per questo motivo i sintomi classici (cutanei, oculari, gastrointestinali) sono meno comuni, e il quadro clinico è dominato dal coinvolgimento di un organo in particolare (il cuore, il sistema nervoso o il rene)
Il coinvolgimento cardiovascolare, in particolare, si è dimostrato essere uno dei fattori maggiormente determinanti per la prognosi della malattia, tanto nella forma classica quanto in quelle ad insorgenza tardiva. L’accumulo dei lipidi determina un progressivo incremento dello spessore delle pareti del cuore (cardiomiopatia ipertrofica), delle valvole cardiache e dei vasi sanguigni, oltre ad alterare la conduzione dell’impulso elettrico all’interno del cuore. Tali fenomeni possono determinare la comparsa di dolore toracico, tachicardia e difficoltà respiratoria
La malattia di Anderson-Fabry è causata da mutazioni del gene alfa-GAL A. Tali mutazioni genetiche portano ad una carenza o interferiscono con il funzionamento dell’enzima responsabile della degradazione dei glicosfingolipidi. Il conseguente accumulo di questi lipidi nei diversi tessuti del corpo causa infiammazione e danno progressivo, determinando la comparsa dei sintomi.
L’iter diagnostico si distingue in base al sesso. Nei soggetti di sesso maschile, infatti, la diagnosi prevede la dimostrazione biochimica del deficit di attività dell’enzima alfa-galattosidasi (che si ottiene tramite prelievo e analisi di un campione di sangue), con successivo test genetico di conferma. Nei soggetti di sesso femminile la diagnosi è invece interamente genetica, dal momento che l’attività enzimatica può avere valori che ricadono nel range di normalità e non è pertanto necessariamente indicativa.
Il possibile interessamento cardiaco viene valutato con diverse metodiche strumentali, complementari tra di loro: l’elettrocardiogramma, l’ecocardiogramma e la risonanza magnetica cardiaca. Negli ultimi anni la risonanza magnetica cardiaca si è affermata come esame chiave nella diagnosi di malattia, essendo in grado di evidenziare l’accumulo dei glicosfingolipidi (con la tecnica del T1 mapping) e la presenza o meno di cicatrice (late gadolinium enhancement) a livello delle pareti del cuore.
La terapia specifica della MAF si basa sulla somministrazione dell’enzima sostitutivo, che viene infuso per via endovenosa due volte alla settimana. In alternativa è disponibile una terapia orale, che tuttavia può funzionare solamente in presenza di alcune mutazioni del gene GLA. Nuove terapie sono in corso di sperimentazione.
A ciò si associa la gestione convenzionale delle problematiche cardiologiche che interessano i paziente con MAF quali dolore toracico, lo scompenso cardiaco ed le aritmie. In particolare può essere richiesto l’impianto di un pace-maker in presenza di bradiaritmie (cioè quando la frequenza cardiaca è troppo bassa) o un defibrillatore impiantabile, per trattare aritmie ventricolari rapide e potenzialmente pericolose per la vita.
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