MINOCA: l’importanza di una risonanza magnetica cardiaca tempestiva

03 Ottobre 2023

La Cardiologia dell’IRCCS ha pubblicato sulla rivista “JACC: Cardiovascular Imaging” uno studio dedicato alla prognosi dell’infarto miocardico senza ostruzione coronarica significativa (il MINOCA).

Un evento acuto che è ancora poco studiato e conosciuto, a tal punto da essere spesso confuso con altre patologie cardiache dalla sintomatologia simile. “Fino a poco tempo fa era addirittura considerata una malattia benigna – spiega uno degli autori della ricerca, il professor Carmine Pizzi – nel senso che il paziente, una volta sopravvissuto all’evento, non veniva ritenuto particolarmente a rischio di ulteriori eventi cardiovascolari. Proprio per questo motivo il MINOCA era conosciuto come la “cenerentola” degli infarti. Solo negli ultimi anni si è scoperto che in realtà le cose non stanno proprio così”.

Il MINOCA (acronimo che deriva dall’inglese “myocardical infarction with non-obstructive coronary arteries”) si differenzia dalla maggior parte degli infarti cardiaci in quanto non è legato ad una stenosi (ostruzione) delle coronarie. Condivide però molte caratteristiche con il classico infarto cardiaco, a partire dal dolore anginoso tipico: il paziente lamenta infatti un peso o una morsa al centro del torace, dietro lo sterno, che tende ad irradiarsi verso la fascia interna del braccio sinistro. Questa sofferenza, intensa e prolungata (almeno per 20 minuti), si associa in genere ad affanno, sudorazione eccessiva e nausea.

Proprio la necessità di differenziare la diagnosi ha spinto gli specialisti delle unità operative di Cardiologia e Radiologia dell’IRCCS Azienda Ospedaliero Universitaria di Bologna – Policlinico Sant’Orsola, insieme alla Cardiologia dell’Ospedale Maggiore di Bologna, a sottoporre i pazienti con sospetto MINOCA a risonanza magnetica cardiaca entro sette giorni dall’evento. “Quest’ultimo è un dettaglio importante – continua Pizzi – se si attende più di una settimana per fare l’esame si possono perdere delle informazioni importanti”. Tra il gennaio 2017 e l’ottobre 2021 sono stati così valutati oltre 430 pazienti: circa la metà (198) sono risultati effettivamente interessati da vero MINOCA. Ed è proprio su questi ultimi che si è concentrata la ricerca.

“In particolare abbiamo individuato tre morfologie ricorrenti dopo l’infarto. Quasi il 58% dei pazienti (116) presentava un danno infartuale non reversibile che evolve in “cicatrice”. Il 22% (45) aveva invece soltanto un edema miocardico, che in genere impiega qualche settimana a risolversi spontaneamente. Infine, il restante gruppo non denotava nessuna alterazione”. Nei tre anni successivi all’infarto, i pazienti con “cicatrice” sono stati interessati da eventi avversi maggiori (ad esempio scompensi cardiaci, reinfarti non fatali, ictus o decessi) con frequenza significativamente più alta rispetto alle altre due casistiche: 20.7% vs – rispettivamente - 6.7% e 2.7%.

Conclusione: una risonanza magnetica cardiaca tempestiva consente di individuare pazienti a rischio di ulteriori eventi cardiaci avversi nei tre anni successivi a questo tipo particolare d’infarto. “Questo studio è importante perché fornisce al cardiologo la possibilità di definire quali pazienti hanno una prognosi più delicata e di stabilire, di conseguenza, la terapia e il follow-up più opportuni - spiega Pizzi – Su questo progetto, che dura da oltre sei anni, hanno lavorato intensamente tanti specialisti della Radiologia e della Cardiologia del Sant’Orsola e del Maggiore, a partire dal dottor Luca Bergamaschi che proprio a questa ricerca ha dedicato la sua tesi di specializzazione. È grazie all’alta professionalità e alla tecnologia interne all’IRCCS che siamo stati in grado di raggiungere questo importante risultato”.