Sette posti letto in camere singole, spazi dedicati alla musica, al relax e alla condivisione. Un’équipe di 28 professionisti, tutte nuove assunzioni, con diverse professionalità per la cura di giovani dagli 11 ai 17 anni.
Il disagio nei giovani cresce: i minori presi in carico dal Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Usl di Bologna attualmente sono il 10% sul totale della popolazione generale, circa 12.300 attualmente. Il nuovo reparto arricchisce l’ampia e specifica rete di servizi già attivi sul territorio.
C’è un tipo di sofferenza profonda, silenziosa e allo stesso tempo assordante, che può portare a sentirsi in difficoltà con gli altri e con sé stessi. Quando a provare questo disagio sono i più piccoli devono essere gli adulti, in rete e con competenza, a farsi carico del loro dolore per aiutarli a stare meglio, con servizi territoriali e con il supporto di luoghi dedicati, per rispettare i loro bisogni e la loro dignità.
Nasce con questo obiettivo all’Ospedale Maggiore di Bologna il nuovo reparto di Psichiatria e Psicoterapia dell’Età Evolutiva per pazienti minori di Area Vasta Emilia Centrale (Bologna, Imola e Ferrara). Un luogo di cura, terapia e condivisione per giovani dagli 11 ai 17 anni che attraversano un periodo di fragilità legata alla salute mentale, con l’obiettivo di prendersi carico della fase più acuta. Sette posti letto e una componente professionale molto forte che comprende circa 28 figure fra neuropsichiatri, personale assistenziale, psicologi e terapisti della riabilitazione psichiatrica, tutte nuove assunzioni.
“In questo luogo accogliamo pazienti giovani con patologie complesse e specifiche: - spiega Stefano Costa, Direttore Psichiatria e Psicoterapia dell’Età Evolutiva dell’Azienda Usl di Bologna - parliamo ad esempio di pazienti con episodi psicotici, gravi disturbi d’ansia e depressivi, disturbi bipolari o comportamenti autolesionisti, nonché disturbi di personalità. Mettiamo in atto un metodo, quello orientato alla recovery, che rende i ragazzi protagonisti del loro percorso di cura, condividendo con loro gli elementi del progetto, attività diagnostiche e terapeutiche, individuali e di gruppo, con l’obiettivo di alleviare la sofferenza che sperimentano in fase acuta: sembra quasi una contraddizione, ma quando si parla di salute mentale dobbiamo tenere conto che per un paziente stare abbastanza bene è condizione necessaria per iniziare a prendersi cura di sé stesso e per lasciarsi aiutare dalla rete dei servizi. Durante la permanenza in reparto iniziamo questo percorso aiutandoli a non sentirsi bloccati dai propri sintomi”.
Un progetto che risponde all’esigenza di gestire urgenze psicopatologiche e psichiatriche in bambini e adolescenti, in stretto accordo con i servizi territoriali di Area Vasta Emilia Centrale, quindi i territori di Bologna, Imola e Ferrara. Si prevedono permanenze brevi, in media 15 giorni e massimo 45, con un lavoro pensato per gestire eventi critici e contenere la sofferenza dei giovani in cura. Ma anche sostenere la relazione con le famiglie e i caregiver. Un impegno ulteriore per affiancare i servizi già attivi sui territori e sostenere la prevenzione della cronicizzazione di queste patologie: si inserisce infatti in una strategia più ampia dell’Azienda Usl di Bologna per la salute mentale dei minori, che comprende diversi servizi dedicati, con l’obiettivo di offrire risposte tempestive e mirate, anche di fronte alle crescenti esigenze di cura in età evolutiva in questo ambito.
“Negli ultimi anni si è registrato un progressivo incremento della quota di minori presa in carico. Oggi a Bologna sono circa 12.300 minori. – spiega Fabio Lucchi, Direttore Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Usl di Bologna – Sono aumentati anche i disturbi del neuro-sviluppo, dell’ansia e della depressione, come pure i disturbi della condotta, l’uso di sostanze e i comportamenti autolesivi o suicidari. La pandemia ha certamente aggravato le fragilità dei giovani, contribuendo ad un abbassamento dell’età di esordio e cronicizzazione delle patologie legate alla salute mentale. Ma non è certamente l’unica ragione, in questo senso gli studi vanno avanti comprendendo molti altri aspetti di una società che cambia: gli stili di vita, le relazioni e l’affettività, il rapporto con le tecnologie e l’innovazione. Ma i cambiamenti colpiscono le generazioni più giovani in modo più cruento e questo disagio lo abbiamo visto crescere sempre di più”.
Un impegno che si è concretizzato, dal punto di vista politico e istituzionale, alla fine dello scorso anno con una delibera regionale per l’attivazione di reparti ospedalieri dedicati alla psicopatologia in età evolutiva. Per l’Area Vasta Emilia Centrale la sede scelta è stata proprio l’Ospedale Maggiore di Bologna. Nasce così, in tempi record, un reparto con caratteristiche e obiettivi unici sul panorama nazionale.
“Quando la comunità chiama, il territorio deve rispondere in maniera professionale, mirata, corale e concreta. Questo è un esempio tangibile. – commenta Anna Maria Petrini, Direttrice Generale dell’Azienda Usl di Bologna - A prescindere da ogni forma di retorica le generazioni più giovani sono quelle a cui una società lungimirante deve guardare con attenzione e responsabilità. L’Azienda Usl di Bologna ha una rete capillare e specifica di servizi dedicati alla Salute Mentale dei più giovani e oggi si arricchisce di un ulteriore luogo necessario, perché nasce da un’esigenza non rimandabile, con un impegno fortemente condiviso con i servizi e le Istituzioni. Mentre agiamo sul costruire percorsi a lungo termine è doveroso infatti dare risposte immediate ai più giovani e alle loro famiglie che, senza dubbio, per rispondere a momenti di sofferenza acuta non possono essere lasciate sole”.
"Quello della salute mentale tra i più giovani è un tema che ci riguarda tutti, come istituzioni e come genitori: - commenta Michele de Pascale, Presidente della Regione Emilia Romagna - i dati parlano da soli, purtroppo la percentuale di chi vive condizioni di disagio psicologico è in continuo aumento. Ecco perché è importantissimo realizzare strutture come questa dove i ragazzi possono essere seguiti da professionisti preparati e formati, in aiuto al grande lavoro che fanno già le famiglie. Come Regione, siamo fortemente impegnati su questo ambito: sosteniamo le aziende sanitarie con investimenti dedicati e legati ai diversi livelli di gravità che si possono presentare. Lavoriamo perché il disagio mentale non sia più un tabù, ma uno dei grandi temi di questi tempi, da affrontare insieme, senza pregiudizi".
“Questo progetto è stata una delle prime richieste che abbiamo avanzato come Conferenza Metropolitana di Bologna e Comune al Presidente de Pascale, in accordo con la direzione dell’Ausl, per cui oggi siamo davvero felici e orgogliosi. - afferma Matteo Lepore, Presidente CTSSM di Bologna - L’apertura del nuovo reparto di Psichiatria e Psicoterapia dell’Età Evolutiva all’Ospedale Maggiore rappresenta un passo fondamentale per la nostra città e per l’intera comunità, bolognese ma anche di Imola e Ferrara. Si tratta di un servizio che affronta un disagio profondo, aggravato certamente anche dalla pandemia, che tocca non solo i giovani pazienti ma anche le loro famiglie. Questo nuovo reparto, che arricchisce la già ampia rete di servizi attivi sul nostro territorio, conferma ancora una volta come la sanità bolognese ed emiliano-romagnola offrano un servizio pubblico all’avanguardia, capace di rispondere con competenza e umanità anche ai contesti più delicati e complessi, costruendo importanti sinergie. Desidero ringraziare, per questo, la direzione dell’Azienda Usl di Bologna e tutti i professionisti coinvolti per l’impegno e la dedizione con cui hanno reso possibile questo progetto. Un grazie anche alle istituzioni e a chi, con determinazione e visione, ha sostenuto l’attivazione di un servizio così innovativo e prezioso per la nostra comunità”.
“La struttura opererà in stretta integrazione con i servizi territoriali, costruendo percorsi condivisi sia nei ricoveri programmati che nelle urgenze. – dichiara Barbara Cacciari, Responsabile Area DATeR Territoriale e Ospedaliera Spoke Azienda Usl di Bologna - La multi-professionalità dell’équipe rafforza questo modello di integrazione professionale, fornendo un orientamento riabilitativo fin dall’ingresso nella degenza, traducendo il progetto terapeutico e riabilitativo individualizzato (PTRI) in interventi concreti, attraverso l’utilizzo sistematico di attività in gruppo utilizzando modalità che favoriscono la transizione tra ospedale e territorio. Grazie alla collaborazione dell’équipe multi-professionale, la rete integrata favorisce la continuità dell’assistenza, sostenendo il benessere e l’autonomia dei minori e del nucleo famigliare”.
Salute mentale dei più giovani: un disagio che cresce nel tempo
Il disagio nei giovani cresce: aumenta il numero dei minori presi in carico, aumenta la gravità e l’urgenza della domanda e diminuisce l’età di insorgenza delle psicopatologie.
Azienda Usl di Bologna
Attualmente il Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Usl di Bologna ha in carico 12.300 minori con diagnosi molto diverse, dai più lievi ai più acuti. L’accesso ai servizi tra gli 0 e i 17 anni è del 9,7%: un bambino su dieci è passato dalla neuropsichiatria. La psicopatologia è circa il 20% delle diagnosi totali: quando si parla di psicopatologia si fa riferimento a patologie molto diverse come i disturbi della personalità e i comportamenti autolesionisti, ansia e depressione o i disturbi alimentari.
Dal 2018 al 2024 è stato registrato un progressivo incremento della quota di minori presi in carico dai servizi di salute mentale che sono passati da circa 10.100 a 12.300, con un aumento quindi del 21%.
Per quanto riguarda gli accessi ai Pronto Soccorso bolognesi con diagnosi alla dimissione di patologia psichiatrica: sono stati 166 gli accessi dei minori nei primi 11 mesi del 2025 al Pronto Soccorso dell’Ospedale Maggiore, erano 152 nel 2018. Mentre al Pronto Soccorso pediatrico del Policlinico di Sant’Orsola sono stati 104 nei primi 11 mesi del 2025 mentre erano 110 nel 2018. La percentuale dei ricoverati passa dal 4,1% al 26,1% al Maggiore e dal 18% al 23% al Policlinico di Sant’Orsola.
Per quanto riguarda più complessivamente la Regione Emilia-Romagna i ricoveri erano 289 nel 2010 e sono saliti progressivamente a 530 nel 2018, fino ai 710 registrati nel 2024.
Nonostante l’aumento generalizzato del disagio nei giovani nei territori dove sono state aperte strutture semi-residenziali è più marcata la presa in carico di queste patologie. A Bologna, ad esempio, con l’apertura del centro diurno dell’Osservanza, ad esempio (marzo 2024) i ricoveri sono calati: nel 2023 erano 191 mentre nel 2024 159.
Area vasta Emilia Centrale: Bologna, Ferrara e Imola
In Area Vasta Emilia Centrale nel 2011 i pazienti seguiti erano 11.600 mentre nel 2024 sono diventati 17.200: si è osservato un aumento del 48% di pazienti seguiti corrispondente a 5600 pazienti in più da gestire nell'arco di 13 anni.
Regione Emilia-Romagna
Sul territorio Emiliano-Romagnolo si conferma l’aumento progressivo negli anni dei minori presi in carico dalla Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza in regione che passano dai 59.900 circa del 2018 ai 66.110 circa del 2024, con un aumento di circa l’11%.
Anche per quanto riguarda le fasce d’età maggiormente coinvolte in regione spiccano le fasce 11-13 anni e 14-17, con numeri che sono progressivamente aumentati nel tempo dal 2010 al 2024. I minori fra gli 11 e i 13 anni presi in carico nel 2010 erano 6.648 e sono diventati 12.672 nel 2024. Mentre i minori fra i 14 e i 17 anni nel 2010 erano 5.072 e sono diventati 14.794 nel 2024.
Dati clinici e empirici che mostrano un cambiamento sostanziale della realtà con cui i professionisti si confrontano. Le ragioni e le cause sono molte, varie e integrate. Da un lato c’è sicuramente una maggiore sensibilità e lo sviluppo di competenze specialistiche che consentono di intercettare meglio e diagnosticare più precocemente tutti i disturbi legati alla salute mentale. Un punto che si lega a una sempre maggiore attenzione delle famiglie e dei caregiver nel prendere in carico e chiedere supporto di fronte al disagio dei giovani.
Dall’altra parte la società e l’ambiente in cui ragazzi e ragazze diventano adulti sta cambiando per numerose ragioni: la digitalizzazione, il cambiamento degli spazi di condivisione e socialità, la pandemia, l’aumento dell’esposizione a eventi traumatici o di instabilità globale come la riduzione della resilienza familiare e comunitaria.
Questo richiede un importante impegno di ricerca sociale e clinica sulle cause e sugli effetti ma allo stesso tempo, parallelamente una forte risposta alle sintomatologie, soprattutto urgenti. E alla presa in carico complessiva e territoriale della loro cura.
La “recovery” e il “patto terapeutico”: un approccio che rende i giovani protagonisti della propria salute mentale
La “recovery” è un approccio che sposta l’attenzione dal “curare una patologia” al promuovere la salute mentale e il benessere anche in presenza di sintomi, con la gestione degli stessi. L’idea è che di fronte alla presenza di sintomi, talvolta acuti, un paziente, anche se giovane, può vivere meglio.
“Curare non significa sempre eliminare o tacere un sintomo, ma spesso imparare a gestire la sofferenza e a convivere con la stessa, come parte integrante del percorso di guarigione, soprattutto nelle patologie legate alla salute mentale – spiega Stefano Costa – I giovani che arrivano in pronto soccorso o manifestano in modo grave il loro malessere si sentono bloccati e non in grado di uscire dalla situazione di crisi. Con questo approccio li aiutiamo a diventare protagonisti della loro vita e della loro salute, spiegando cosa sta succedendo, aiutandoli a trovare le ragioni e condividendo ogni passaggio del percorso. Dall’ingresso e tanto più in fase di dimissione: il percorso di guarigione continua infatti a casa e grazie alla rete di servizi sul territorio”.
All’ingresso in reparto a ogni giovane viene spiegata la ragione delle regole di vita quotidiana, le azioni di cura previste e viene concordato un “patto di cura”, con l’impegno a partecipare al percorso. Ogni giorno viene poi condivisa la programmazione delle attività e alla dimissione, infine, è previsto il contributo di ogni giovane nella propria lettera di dimissione.
Gli spazi: fra bisogni individuali e vita di gruppo
Una struttura di circa 600mq pensata per rispondere ai bisogni specifici dei giovani, dei professionisti e delle attività di cura in questo ambito, a partire da spazi e arredi, tanto quanto nell’organizzazione e nell’approccio.
Per la realizzazione degli spazi è stato messo in campo un approccio innovativo, al fine di coniugare ed equilibrare le esigenze del percorso terapeutico, ma anche per incoraggiare vita di gruppo e condivisione, garantendo comfort e sicurezza dei giovani e dei professionisti. Sette stanze con posto letto singolo e servizi igienici, ma anche spazi per stare insieme e quanto più vicini alla quotidianità dei giovani: una cucinetta, la sala da pranzo e soggiorno comune, la stanza dedicata alla musica e per le attività ed una stanza relax. Ma anche ambulatori infermieristici e clinici la stanza dei colloqui e tutti gli spazi necessari alla cura.
Son state quindi implementate soluzioni tecnologiche all’avanguardia per l’ottimale utilizzo dei locali e per supportare l’organizzazione delle attività di cura, con particolare attenzione alla riduzione dei rischi. Nasce così un reparto dalle peculiari caratteristiche tecniche realizzato su misura e con soluzioni quali, ad esempio: sistemi di videosorveglianza e gestione degli accessi controllati, sistemi di chiamata in emergenza, accessori e componenti studiati per ridurre il rischio suicidario; il tutto ben oltre ai consueti standard dei reparti di degenza aziendali. Al contempo ogni ambiente, compresi i materiali e i colori degli arredi e delle pareti, è pensato per la destinazione d’uso degli spazi.
La forte componente umana e professionale del nuovo reparto: 28 professionisti per un rapporto uno a tre con i pazienti
Ventotto professionisti fra medici (neuropsichiatri infantili), psicologi, terapisti della riabilitazione psichiatrica, infermieri, personale assistenziale e coordinatore assistenziale. A tutte queste figure è riconosciuta la forte funzione terapeutica e riabilitativa. È prevista infatti una formazione specifica e continua sull’approccio “recovery” e su tutte le migliori procedure da applicare nella relazione con la tipologia di pazienti con cui dovranno rapportarsi e lavorare insieme.



