Si tratta di una malattia cronica autoimmune caratterizzata dall’infiammazione (e dal conseguente irrigidimento) delle articolazioni della colonna vertebrale.
La spondilite anchilosante fa la sua comparsa sotto forma di dolore localizzato nella zona lombare della schiena e nei glutei. Tale dolore, che può irradiarsi fino alla parte posteriore della coscia, è più intenso al mattino e dopo un riposo prolungato e tende a migliorare con l’attività fisica. È comunque un fastidio di tipo infiammatorio, e ciò significa che tende a manifestarsi con attacchi insidiosi e di lunga durata. Il dolore può anche comparire al tallone e nelle dita delle mani e dei piedi. Sintomi sistemici, oltre la febbricola, sono la stanchezza, la riduzione dell’appetito e la perdita di peso.
L’infiammazione inoltre danneggia la colonna vertebrale, rendendola meno elastica e limitando di conseguenza i movimenti. Nei casi più gravi la colonna vertebrale si fonde in una struttura unica, determinando nei pazienti un profondo grado di disabilità.
In alcuni casi, infine, possono comparire anche uveite (infiammazione dell’occhio), difficoltà respiratorie e infiammazioni dell’aorta.
Al momento le cause della spondilite anchilosante non sono ancora conosciute con certezza, anche se si ipotizza un’origine genetica.
Una diagnosi precoce rappresenta un fattore determinante per contrastare per tempo la malattia. Non si tratta però di un compito semplice, in quanto i medici hanno a disposizione solo la storia clinica del paziente e alcuni esami di laboratorio non specifici per tale malattia. La certezza diagnostica arriva in genere solo con le radiografie delle articolazioni infiammate, ma tali esami permettono di evidenziare le anomalie solo a distanza di anni dalla comparsa della malattia. Al contrario, la risonanza magnetica è più utile per evidenziare le alterazioni articolari in fase precoce.
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