L’adenomectomia prostatica transvescicale consiste nell’asportazione di un adenoma prostatico, ossia di una porzione della prostata ingrossata a tal punto da schiacciare l’uretra e impedire il corretto passaggio dell’urina. Si tratta di un intervento “per via tradizionale”, eseguito cioè con tecnica a cielo aperto.
Per raggiungere la prostata, infatti, i chirurghi aprono un incisione di qualche centimetro al di sotto dell’ombelico, operando poi direttamente sulla ghiandola e rimuovendo così l’adenoma.
L’intera procedura, che dura all’incirca 60 minuti, viene eseguita solitamente in regime di anestesia loco-regionale (spinale), ma all’occorrenza si può praticare anche l’anestesia generale.
L’intervento ha l’obiettivo di liberare il canale uretrale, il condotto che collega la vescica con l’esterno e che permette il deflusso dell’urina. L’enucleazione prostatica, infatti, è indicata per i pazienti affetti da ipertrofia prostatica benigna, ossia da un aumento di volume della prostata che schiaccia, e quindi ostruisce, l’uretra.
L’adenomectomia trans-vescicale, in particolare, viene preferita ad altri approcci chirurgici quando le dimensioni della prostata sono molto grandi.
Il paziente deve comunicare allo staff medico l’eventuale assunzione di farmaci antiaggreganti o anticoagulanti, oltre ad eventuali allergie ai sedativi. Prima dell’intervento, inoltre, vengono eseguiti diversi esami per valutare l’idoneità del paziente e concordare l’eventuale sospensione di terapie croniche.
In genere il paziente viene ricoverato il giorno stesso dell’intervento o, talvolta, la sera precedente. In ogni caso, deve rimanere a digiuno dalla mezzanotte del giorno prima, consumando una cena leggera la sera della vigilia.
L’adenomectomia trans-vescicale è un intervento di gran lunga più invasivo rispetto alle alternative chirurgiche disponibile per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna. Al termine dell’intervento, inoltre, viene posizionato un catetere vescicale per facilitare l’eliminazione delle urine.
Tale catetere può essere rimosso solo a distanza di quattro-sei giorni, e a distanza di poche ore da quanto questo avviene il paziente viene dimesso.
Nelle settimane successive il paziente può avvertire fastidi e dolori sia a livello dell’incisione addominale che durante la minzione. Inoltre per almeno 10-15 giorni possono comparire tracce di sangue nelle urine, e frequenti stimoli all’evacuazione.
Dopo le dimissioni, è bene osservare un periodo di riposo e a dalle attività lavorative (almeno per una settimana) in modo da facilitare il recupero completo.
I medici consigliano di bere molta acqua per favorire il lavaggio delle vie urinarie, di seguire una dieta ricca di fibre e di astenersi temporaneamente (almeno per 4 settimane) dall’attività sessuale. Se insorgono irritazioni o febbre è bene consultare il medico.
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