La procedura consiste nell’asportazione di cisti renale, sacche piene di gas o liquido che si formano all’interno di questi organi. L’intervento prevede l’anestesia loco-regionale e può essere eseguito con due diverse tecniche chirurgiche.
• Via laparotomica (o a cielo aperto). Si tratta della via più tradizionale e, oggigiorno, meno utilizzata, in quanto particolarmente invasiva. In questo caso, infatti, l’asportazione viene portata a termine aprendo un’incisione di diversi centimetri nell’addome. Attraverso questa apertura i chirurghi operano direttamente sui reni, rimuovendo la lesione
• Via laparoscopica. A differenza della chirurgia laparotomica, l’approccio laparoscopico non prevede l’apertura di un’unica grande incisione, ma bensì la creazione di fori di più piccole dimensioni (sempre a livello dell’addome) attraverso cui i medici infilano i propri strumenti. L’intervento viene quindi portato a termine grazie all’ausilio di uno strumento ottico flessibile dotato di luce e telecamera. Grazie a questo dispositivo, che è collegato ad un monitor presente in sala operatoria, i chirurghi possono procedere all’asportazione delle cisti
Le cisti renali sono lesioni di natura benigna e in genere non necessitano un trattamento particolare. A volte i, tuttavia, tali sacche hanno dimensioni troppo importanti per poter essere ignorate, dal momento che possono provocare dolori, febbre e necessità di urinare frequentemente.
È proprio in questi casi che si procede con l’asportazione chirurgica.
Una volta ultimata l’operazione, il paziente viene ricoverato in reparto per alcuni giorni. In genere il paziente riprende a muoversi e a mangiare già a partire dal giorno successivo.
I tempi di dimissione e di recupero dipendono dalla tecnica scelta: se l’intervento è stato eseguito in via laparoscopica il paziente può lasciare l’ospedale già dopo due o tre giorni, mentre la via laparotomica richiede un ricovero leggermente più lungo.
Malattie correlate
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