I cardiologi dell’IRCCS e dell’Università di Bologna verificano i benefici dell’attività fisica sulla flora batterica intestinale e le relative ripercussioni sulla salute cardiovascolare.
L’unità operativa di Medicina Interna Cardiovascolare dell’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola, diretta dal professor Claudio Borghi, è infatti centro di sperimentazione di MicroFit, studio promosso dall’Unibo che si concentra in particolare sui pazienti ipertesi in prevenzione primaria con fattori di rischio cardiovascolare.
I 75 volontari che verranno arruolati nel corso della ricerca saranno suddivisi in tre gruppi: per tre mesi il primo riceverà la somministrazione di un farmaco probiotico, il secondo di un placebo mentre il terzo verrà sottoposto a sedute di allenamento da sessanta minuti tre volte a settimana presso una palestra di Bologna.
I partecipanti di quest’ultimo gruppo saranno guidati da un coach nell'arco di un “high intensity interval training”, programma di attività fisica che alterna momenti di riposo a carichi di lavoro rilevanti sul tapis roulant o sulla cyclette.
Nei sei mesi successivi tutti i volontari verranno poi sottoposti periodicamente ad alcuni esami (prelievi del sangue, dell’urina e della saliva, misura della pressione, misura della salute delle arterie e dell’invecchiamento vascolare, composizione del microbiota intestinale) nonché a questionari sullo stato di salute.
Ma cosa si vuole indagare? Che l’attività fisica faccia bene al sistema cardiovascolare è sempre più evidente. Questo studio vuole però fare un passo ulteriore: MicroFit si propone infatti di capire se parte di questo beneficio deriva dall’influenza che l’allenamento può avere sulla regolarizzazione della flora batterica intestinale (il microbiota).
Cos’è il microbiota. Come suggerisce anche il nome, per flora batterica intestinale si intende l’ecosistema di microrganismi (batteri, ma anche virus, funghi e protozoi) che alberga nel tubo digerente. Oltre a rappresentare una barriera competitiva contro l’invasione e la colonizzazione di patogeni, è direttamente coinvolta nell’estrazione di energia da polisaccardi complessi introdotti con la dieta. Modula inoltre lo sviluppo e la funzionalità del sistema immunitario, così come di quello endocrino e nervoso.
Ogni essere umano ha un suo corredo altamente individuale di microorganismi, acquisito alla nascita, che persiste per tutta la vita subendo perturbazioni che possono essere anche molto rapide e profonde.
Le alterazioni della composizione del microbiota (disbiosi) determinano un aumento della produzione di metaboliti infiammatori, sostanze che si riversano nel circolo sanguigno provocando un’infiammazione sistemica. Tale fenomeno danneggia i vasi sanguigni e gli organi, a tal punto che le disbiosi sono associate sia all’ipertensione arteriosa sia alla perdita di elasticità delle arterie, che porta ad un precoce invecchiamento vascolare. Questo quadro si associa ad un più elevato rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.
L’azione dell’attività fisica. Alcuni studi scientifici hanno già indagato il rapporto tra allenamento cardio e composizione del microbiota: in base alle evidenze emerse, il primo sembra effettivamente influenzare il secondo, ma per comprendere a fondo le modalità e soprattutto il peso di quest’influenza è necessario raccogliere altri dati.
L’ipotesi alla base dello studio si basa proprio su questo fondamento. Lo spiega bene uno dei promotori del progetto, il professor Davide Agnoletti: “Vogliamo rispondere alla domanda: l’attività fisica è effettivamente in grado di modificare il microbiota, riequilibrando batteri buoni e batteri cattivi, limitando così la produzione di metaboliti infiammatori e agendo così sull’infiammazione sistemica che danneggia i vasi e gli organi? Comprendere questi meccanismi può aiutarci a trovare delle strategie di prevenzione efficaci per le malattie cardiovascolari”.