I numeri che anticipano il mieloma

01 Aprile 2025

Un progetto di ricerca condotto in collaborazione tra il Policlinico di Sant’Orsola IRCCS, il “Dana-Farber Cancer Institute” di Boston e il Broad Institute of MIT and Harvard individua un metodo per predire il passaggio dalla fase precancerosa (smouldering mieloma) alla fase sintomatica del mieloma multiplo. Il segreto? L’utilizzo di un modello statistico impiegato nelle competizioni sportive. 

Lo smouldering mieloma rappresenta la forma precoce del mieloma multiplo, il secondo tumore più frequente in campo ematologico. È cioè una fase iniziale della malattia, che non comporta sintomi evidenti: in alcuni casi evolve velocemente nella forma sintomatica del mieloma multiplo, mentre in altri può rimanere stabile per parecchi anni senza progredire. Proprio per questo motivo, i pazienti diagnosticati in tale fase precancerosa vengono in genere sottoposti a un monitoraggio periodico senza particolari terapie attive.

Negli ultimi anni, tuttavia, alcune evidenze cliniche e scientifiche hanno suggerito l’utilità di iniziare a trattare il mieloma multiplo già nella sua fase iniziale, quantomeno per i pazienti a maggiore rischio di progressione. Ma come si fa a stabilire quali sono i pazienti più esposti a questo rischio?

Per rispondere alla domanda, il Policlinico di Sant’Orsola IRCCS, il “Dana-Farber Cancer Institute” di Boston e il Broad Institute of MIT and Harvard hanno dato vita a “TiMMing”, progetto di ricerca destinato a creare una suite di strumenti bioinformatici per tracciare l’origine e il significato clinico delle Copy Number Alterations nella storia evolutiva del Mieloma Multiplo. In altre parole: i team di ricerca dei tre centri specialistici hanno analizzato un’enorme quantità di dati (una ventina di terabyte raccolti da oltre mille pazienti) per individuare indicatori predittivi del passaggio dalla fase precancerosa alla fase sintomatica del mieloma multiplo. E hanno trovato la chiave di volta grazie a un modello statistico solitamente impiegato nelle competizioni sportive. 

“Il modello di Bradley Terry spesso viene utilizzato per classificare le squadre di un campionato in base ai risultati delle partite, oppure per prevedere il vincitore di un match basandosi sui confronti diretti tra i giocatori – spiega Andrea Poletti, ricercatore dell’Ematologia del Policlinico di Sant’Orsola IRCCS diretta dal prof. Pier Luigi Zinzani – Noi invece abbiamo utilizzato questo modello statistico per capire quali alterazioni genetiche si associano ad un rischio di progressione della malattia più alto. E abbiamo concluso che alcune alterazioni genetiche, tra cui in particolare quelle associate ai cromosomi 8 e 12, si correlano ad un rischio molto elevato”. 

Chi presenta tali alterazioni, in particolare, ha il 60% di possibilità di vedere progredire la malattia entro tre anni, contro il 20% di chi non rientra in questa categoria. Attraverso un test genetico, dunque, gli specialisti sono ora in grado di anticipare la probabile evoluzione dello smouldering mieloma. “Diciamo che possiamo capire che faccia ha: se ha caratteristiche aggressive, e rischia quindi di progredire in breve tempo, oppure se è indolente ed è probabile che rimanga stabile per diversi anni”. 

Poletti ha seguito una parte dello studio a Boston grazie a un Research Grant bandito dell’ente “International Myeloma Society” (IMS). A questa ricerca ha poi dedicato la sua tesi di dottorato e a fine novembre ha presentato i risultati del progetto alla platea del secondo Retreat della Ricerca del Policlinico di Sant’Orsola IRCCS, ricevendo anche un riconoscimento nell’ambito della “call” riservata ai giovani ricercatori. “Ora lo studio scientifico verrà pubblicato anche sulla prestigiosa rivista Nature Genetics”. 

Biologo di formazione con il pallino dell’informatica, Poletti ha trovato il modo di coniugare queste due passioni in ambito lavorativo. “Da tempo programmo con Phyton e quando sono entrato nel team di ricerca delle professoresse Carolina Terragna ed Elena Zamagni dell’Ematologia del Sant’Orsola questa competenza mi è tornata utile. Negli ultimi dieci anni, infatti, la quantità di dati da gestire in campo biomedico è aumentata esponenzialmente. Le tecniche di sequenziamento del DNA producono infatti una mole di dati estremamente alta, che va gestita con tecniche di analisi statistica e machine learning. Insomma, è nata una nuova professione: quella del bioinformatico”.