Resezione epatica o trapianto di fegato?

23 Maggio 2023

Da tempo la comunità scientifica studia la corretta applicazione delle varie terapie chirurgiche legate alla cura dell'epatocarcinoma, cercando di stabilire quale deve essere proposta per prima. Ora uno studio dell'IRCCS Sant'Orsola aggiunge un ulteriore tassello a questo filone di ricerca. 

L’epatocarcinoma è il più frequente tumore primitivo del fegato. Si tratta di una patologia che insorge con maggiore frequenza negli organi malati, cioè affetti da epatopatia cronica o da cirrosi, ma che fortunatamente può beneficiare di un’ampia varietà di trattamenti. A livello chirurgico, in particolare, le terapie di maggiore rilevanza sono due: la resezione epatica, che comporta l’asportazione soltanto di una porzione del fegato, o il trapianto dell’organo.

«Sono entrambe considerate terapie curative – sottolinea il professor Matteo Cescon, direttore dell’unità operativa di Chirurgia Epatobiliare e dei Trapianti - la differenza è che la prima, pur consentendo l’asportazione del tumore, non guarisce l’epatopatia di base se presente. Il fegato, infatti, rimane quello: di conseguenza, il paziente è esposto a un maggior rischio di recidiva».

Da tempo la comunità scientifica cerca di studiare la più corretta applicazione di queste terapie, soprattutto «per capire quale deve essere proposta per prima, e quando». L’articolo pubblicato poche settimane fa dal team del professor Cescon sulla prestigiosa rivista “Annals of Surgery” si inserisce proprio in questo filone di ricerca: «Abbiamo confrontato gli esiti e la probabilità di recidiva per i pazienti operati con resezione epatica e trapianto di fegato», spiega infatti il professore.  Lo studio si basa sui dati di oltre 3.200 pazienti interessati da epatocarcinoma, raccolti nel database HE.RC.O.LE.S. (Hepatocarcinoma Recurrence in the Liver Study). Tali pazienti sono stati operati in 25 strutture a livello internazionale: di queste, 22 praticano solamente la resezione epatica, mentre altre 3 (Sant’Orsola incluso) offrono entrambe le possibilità.

Risultato? «Come sopravvivenza globale dei pazienti non abbiamo notato delle sostanziali differenze – riassume Cescon – ma nei centri che eseguono sia resezioni epatiche che trapianti c’è stata una minor incidenza di scompenso epatico post resezione. Inoltre la probabilità di ricevere un trapianto come trattamento della recidiva tumorale è più alta in questi stessi centri. Questo ci porta a ipotizzare che ci sia un certo vantaggio a farsi operare nelle strutture che offrono entrambe le possibilità e pone le basi per un concetto di fondo estremamente importante: la multidisciplinarietà nel trattamento della terapia deve essere qualcosa di fattivo. Quando si discute il caso del paziente, la presenza costante e proficua di diversi professionisti aiuta a prendere la decisione terapeutica migliore».