Le sindromi mielodisplastiche (SMD) sono un gruppo di patologie del sangue caratterizzate dalla riduzione del numero di cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi o piastrine) mature e funzionanti.
I sintomi variano in base al tipo di cellula sanguigna che risulta carente. In caso di riduzione del numero di globuli rossi, ad esempio, il paziente può lamentare stanchezza e debolezza, pallore, facile affaticamento e dispnea. Se invece a mancare sono i globuli bianchi, aumenta il rischio di infezioni batteriche ricorrenti, mentre la carenza di piastrine può portare alla comparsa di macchie, puntini rossi e lividi sulla pelle e perdite di sangue dal naso, dalle gengive o nelle feci. Se non trattata per tempo, la patologia può evolvere in una leucemia mieloide acuta.
In condizioni normali le cellule del sangue si sviluppano nel midollo osseo, il tessuto spugnoso contenuto in alcune ossa del nostro corpo. Il midollo, infatti, produce le staminali multipotenti, cellule che attraverso successive fasi di maturazione si differenziano fino a formare i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine.
Nei pazienti affetti da sindromi mielodisplastiche, tuttavia, il complicato processo di formazione e maturazione sin qui sintetizzato (conosciuto con il nome di “emopoiesi”) non viene portato a termine completamente. Invece che svilupparsi normalmente, le staminali producono cellule con strutture anomale, incapaci di maturare correttamente o destinate a morire in poco tempo. Con il passare del tempo i globuli rossi, i globuli bianchi o le piastrine non vengono sostituiti adeguatamente, e quindi il numero di cellule del sangue sane e funzionanti diminuisce.
A volte la causa scatenante della patologia resta sconosciuta. Alcune tipologie di sindromi mielodisplastiche, invece, sono legate alla presenza di anomalie genetiche acquisite nel corso della vita, a loro volta derivanti dall’esposizione a trattamenti oncologici (ad esempio chemioterapia), a sostanze chimiche contenute nelle sigarette o nei pesticidi o, ancora, a metalli pesanti.
In presenza di sintomi o segni sospetti, i medici prescrivono innanzitutto esami del sangue approfonditi per valutare i livelli e le condizioni delle cellule presenti nel sangue. Attraverso il prelievo di un campione ematico, inoltre, è possibile identificare eventuali anomalie genetiche. In genere la diagnosi viene confermata con una biopsia del midollo osseo, ossia con il prelievo e la successiva analisi in laboratorio di un frammento del tessuto midollare.
La terapia varia in base al caso specifico del paziente, alla sua età e alle sue condizioni di salute. In genere quando il rischio di evoluzione della malattia in leucemia mieloide acuta è basso si propende per la semplice osservazione della patologia (il monitoraggio della sua progressione attraverso esami e accertamenti periodici) e, se necessario, per un’apposita terapia di supporto finalizzata ad alleviare i sintomi. In caso di carenza di globuli rossi o piastrine, ad esempio, il paziente può essere sottoposto a trasfusioni periodiche o alla somministrazione di farmaci stimolanti per la produzione delle cellule sanguigne.
Nei casi più gravi e complessi lo staff medico studia invece un trattamento specifico per eliminare le cellule anomale. Le scelte curative, in questo caso, variano dalla chemioterapia al trapianto di cellule staminali.
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