L’insufficienza intestinale cronica benigna (IICB) - dove il termine "benigno" indica l'assenza di un tumore maligno - è l’insufficienza d’organo che si verifica quando l’intestino non è in grado di mantenere il normale stato di nutrizione dell’individuo a causa della perdita della capacità di assumere ed assorbire il cibo. In pratica, l’intestino non è più capace di svolgere la sua funzione primaria: nutrire l’organismo. È una patologia rara che interessa in Italia circa 15 casi per milione di abitanti, due dei quali in età pediatrica.
A seconda delle cause, i sintomi sono rappresentati da diarrea cronica e disidratazione (in caso di malassorbimento intestinale) oppure da nausea, vomito e dolore addominale (in caso di alterazioni della motilità intestinale). Ad ogni modo, il paziente è sempre interessato da una progressiva perdita di peso fino ad una grave malnutrizione che, se non trattata adeguatamente, può condurre anche alla morte.
La IICB può manifestarsi a tutte le età come conseguenza di malattie congenite o acquisite dell’apparato digerente o come complicanza gastrointestinale di malattie sistemiche, cioè che interessano tutto l’organismo.
Per alcune malattie, ad esempio, si rende necessaria l’asportazione chirurgica di lunghi tratti di intestino, con conseguente comparsa della sindrome da intestino corto. In altri casi, invece, l’intestino è intatto ma ha una funzione fortemente compromessa a causa di danni della mucosa che compromettono l’assorbimento dei nutrienti, oppure di alterazioni della motilità intestinale, una specie di paralisi che impedisce al cibo di progredire lungo l’apparato digerente.
Nei casi di interventi chirurgici con resezione intestinale, il sospetto diagnostico di intestino corto viene sollevato dallo stesso chirurgo nell’immediata fase post-operatoria sulla base della lunghezza e della anatomia dell’intestino residuo. Negli altri casi, il sospetto è dato dalla associazione di sintomi gastrointestinali, calo di peso e disidratazione che si protraggono per settimane o mesi. Il quadro clinico non va confuso né con le gastroenteriti acute, che si risolvono in pochi giorni, né con la stitichezza cronica, che non si associa a calo di peso. In presenza di malattie congenite, la diagnosi può derivare da accertamenti effettuati durante la gravidanza oppure da sintomi che compaiono nei primi giorni di vita. Il paziente viene inizialmente a contatto con il chirurgo, il gastroenterologo, l’internista o lo specialista in scienza dell’alimentazione, i quali potranno indirizzarlo ai centri esperti che, peraltro, sono pochi, dato che si tratta di una patologia rara. Presso l'IRCCS Policlinico di Sant'Orsola, in particolare, è attivo il Centro di Riferimento per la regione Emilia-Romagna
La terapia salvavita della IICB è la Nutrizione Parenterale Domiciliare (NPD). Consiste nella infusione nel sangue venoso di adeguate miscele nutritive, tramite appositi cateteri. Il paziente impara ad effettuarla a casa propria, da solo o con l’aiuto di un familiare. In genere l’infusione avviene durante le ore notturne, mentre in caso di somministrazione diurna possono essere utilizzati dei sistemi portatili che consentono al paziente di muoversi liberamente anche fuori di casa. La NPD deve essere prescritta ed erogata da professionisti (medici, infermieri e farmacisti) specializzati in modo da ridurre il rischio di complicanze, come infezioni gravi da cateteri venosi maneggiati senza rispetto della sterilità e danni epatici da miscele nutritive inappropriate.
Programmi di “riabilitazione intestinale”, basati su interventi dietetici, farmacologici e chirurgici mirano al recupero parziale o totale delle funzioni intestinali perse, con possibilità di sospensione della NPD nel 50% dei casi di sindrome dell’intestino corto e 20% di quelli con alterazioni della motilità intestinale. In particolare, per la sindrome dell’intestino corto, il trattamento può avvalersi di “fattori trofici intestinali” (per ora l’unico autorizzato è la teduglutide), i quali agiscono potenziando la capacità di assorbimento dell’intestino residuo.
Alcuni pazienti possono presentare complicanze della malattia intestinale o della NPD che ne mettono a rischio la vita. Per questi casi vi è l’indicazione al trapianto di intestino.
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